L’indice dei libri proibiti – prima parte

Di Roberto Pecchioli

La libertà non si perde tutta insieme. E’ un processo al termine del quale vince il totalitarismo.  Gli europei e gli occidentali stanno gettando via tesori di libertà e non se ne avvedono. Avanza dal mondo anglosassone la cultura della cancellazione, con il suo carico di divieti, interdetti, parole vietate e idee obbligatorie, sino all’assurdo del “discorso di odio”, la proibizione di termini, idee, principi in dissenso ( odio e dissenso stanno diventando sinonimi) rispetto allo spirito dei tempi, cioè le preferenze e le idiosincrasie della classe dominante. 

Oltre ad abbattere monumenti e riscrivere la storia, si proibiscono i libri, espulsi dalle biblioteche in attesa di veri e propri roghi. I falò sono particolarmente diffusi nel mondo di lingua inglese e il brutto è che la tendenza- nata all’interno del progressismo liberal accademico e tracimata nelle istituzioni- non risparmia il mondo conservatore. Le vittime non si vergognano di diventare carnefici, quando possono. In Florida, terra del popolarissimo governatore Ron De Santis, tra i campioni della destra americana, è attivo un incredibile indice dei libri proibiti. L’Index Librorum Prohibitorum era un elenco , aggiornato per circa quattro secoli, di testi che la Chiesa cattolica riteneva pericolosi per i fedeli. Abolito negli anni Sessanta del secolo scorso, era inefficace da moltissimo tempo.

Diceva Joseph De Maistre, il grande savoiardo autore delle Serate di San Pietroburgo, che la controrivoluzione non è una rivoluzione al contrario, ma l’opposto della rivoluzione. La libertà va difesa sempre, anche quando vengono affermate cose che detestiamo. Non possiamo diventare uguali al nemico e praticare al contrario gli stessi suoi vizi ed errori. Impressiona prendere atto come le opposte parti in causa, divise su tutto, motivazioni, obiettivi e ideologie – a dimostrazione del fallimento del modello multiculturale, “inclusivo”, neomoralistico prevalente in Occidente- siano unite nel bavaglio alla cultura, che diventa rifiuto dell’altro da sé, l’esatto contrario dei  principi originari di cui va così fiera la civiltà cui apparteniamo.

Il movente dei conservatori è animato da ottime, condivisibili intenzioni: il rifiuto dell’indottrinamento all’ideologia gender e LGBT sin dalle scuole e più in generale dalla precoce “sessualizzazione” dei bambini.  In questo senso, applausi a De Santis e a chiunque si opponga a derive destinate a contaminare corpo e anima delle nuove generazioni. Dopodiché, la sorpresa e l’imbarazzo diventano sbalordimento se la battaglia culturale si trasforma in massacro reciproco, una lotta di fazioni che fa prigioniera la cultura, l’arte, la conoscenza. 

In Florida sono banditi dalle scuole romanzi come Madame Bovary di Gustave Flaubert- che è un’opera antiborghese e a suo modo “morale”- e Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley, distopia fantascientifica che rivela obiettivi e follie delle oligarchie. Autogol nella migliore delle ipotesi, autentica stupidità nei fatti. Ben seicentosettantatrè libri sono stati rimossi dalle biblioteche delle scuole della contea di Orange. Il contrattacco anti woke della Florida compie la medesima, odiosa, assurda operazione dei suoi nemici “ risvegliati”, per quanto limitata all’ambiente scolastico. 

Ripugnanti imprese dei progressisti dell’anglosfera sono Bibbie tolte dagli scaffali delle biblioteche universitarie, vergognose riscritture di libri famosi, censure che non hanno risparmiato giganti come Shakespeare , Aristotele, Dante. Tutto ciò che non indottrina alla “diversità” , all’ambientalismo radicale, all’ideologia di genere e ai nuovi “valori” nichilisti delle élite occidentali viene cacciato, rimosso, vietato. Il dibattito è proibito in nome di un suprematismo inedito, la superiorità “etica” delle idee nuove, la sovranità del presente. 

Vi è ribellione, per fortuna, e la politica, sempre attenta alla possibilità di cavalcare onde-  la “pesca delle occasioni” – si è affrettata a incunearsi nelle immense, velenose contraddizioni progressiste. La legge HB 1467 della Florida, promossa e firmata da Ron De Santis, ha ritirato centinaia di testi dalle scuole. Il rimedio è peggiore del male. Vietare la cultura, cancellare le opere dell’ingegno umano è sempre un delitto, chiunque lo commetta. Normalmente è l’anticamera di dittature o totalitarismi ; per di più , difficilmente consegue – a medio e lungo termine- gli obiettivi che si prefigge. L’esempio dell’ Indice dei Libri Proibiti dalla Chiesa, sempre più ignorato e da ultimo divenuto ridicolo, ne è una prova. Si tratta di misure destinate ad alimentare proprio il male che vorrebbero estirpare. 

La legge della Florida intende limitare nelle scuole le opere letterarie con allusioni sessuali o LGBT. Irreprensibile. È ragionevole che i genitori protestino contro i libri “ideologici” ad uso di bambini e ragazzini, scritti a quello scopo esclusivo, ma una legge che, come un’intelligenza artificiale impazzita, vieta Madame Bovary perché contiene allusioni sessuali e/o LGTB è una norma non solo sbagliata, ma cretina.  Oltre a Flaubert, pollice verso per Kurt Vonnegut e Saul Bellow, John Grisham, Raymond Chandler, John Steinbeck. Colpito e affondato Garcìa Màrquez per Cronaca di una morte annunciata, Philip Roth per Il lamento di Portnoy e Pastorale americana , Garcìa Lorca , Sulla strada di Jack Kerouac, che spiega dell’America contemporanea molto più dei libri di storia. Non si salvano un conservatore come Tom Wolfe né l’autrice della saga di Harry Potter, J.K. Rowling. Ritirato il suo romanzo Il seggio vacante, come – sconcertante- uno dei capolavori in lingua inglese, Il paradiso perduto di John Milton, un’opera cristiana che dovrebbe piacere a De Santis. 

Il massiccio divieto governativo che prende di mira questi nomi e le loro opere deve essere fermato precisamente perché prende di mira quei nomi e quelle opere. La censura è diventata una partita tra opposte follie , una guerra partigiana dove tutti sono perdenti . De Santis agisce nella stessa maniera degli avversari che combatte. Dunque, oltre le intenzioni, non è migliore di loro. I danni della cultura della cancellazione – promossa da nazioni e civiltà che avevano fatto della libertà una bandiera- sono immensi, ma si combattono con più libertà, più dibattito, educazione allo spirito critico e al libero giudizio.  

Il campo d’azione della guerra culturale è illimitato. Si chiudono gli interstizi, si sbarrano le intercapedini; nessuna fenditura è ammessa. Dilaga la censura “risvegliata” di libri, personaggi, statue, toponomastica, arte non corrispondente al criterio dell’odiernità trionfante.  Riportiamo alcuni brani del nostro La guerra delle parole ( Nexus Edizioni, 2023). 

Aristotele, gigante del pensiero universale, è contestato non nel merito – questa modalità non è contemplata dai guerrieri del Reset in missione permanente per conto del bene- ma in quanto, duemilacinquecento anni fa, scrisse alcune frasi favorevoli alla schiavitù. Poiché il centro del cratere è l’America – nata in contrapposizione alla civiltà europea sin dall’origine puritana – non poteva mancare l’attacco a uno dei testi che fondarono la narrativa americana nel XIX secolo, Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain. Il romanzo narra la storia di un ragazzo ribelle nel sud degli Stati Uniti, attorno al grande fiume Mississippi. Un’università sta bonificando il linguaggio eliminando la parola nigger, negro, che compare nel testo centodiciannove volte. Quello, tuttavia, al tempo di Twain, era il modo normale di chiamare le persone di colore, per quanto spregiativamente. A nulla vale che nel libro sia centrale il tema dell’amicizia e della solidarietà tra due fuggiaschi, il giovane Huckleberry e uno schiavo “afroamericano” evaso da una piantagione. 

A forza di ripulire il pensiero ed il linguaggio, resta una lavagna cancellata, un enorme spazio bianco, la tabula rasa. Difficile far capire che è proprio ciò che vuole il Dominio attraverso i suoi agenti culturali, le tecniche psicologiche e la programmazione neurolinguistica. Dalla Divina Commedia si cancellano i riferimenti negativi a Maometto (gli islamici non scherzano), mentre William Shakespeare deve affrontare accuse di sessismo (La bisbetica domata), antifemminismo (la figura negativa di Lady Macbeth) mancanza di rispetto per i disabili (il personaggio di Calibano nella Tempesta e lo stesso Riccardo III) di antisemitismo per la caratterizzazione dell’usuraio Shylock nel Mercante di Venezia. 

Sta capitando di peggio a Roald Dahl, uno dei più letti autori di letteratura infantile. Gli editori stanno riscrivendo i suoi libri letti da milioni di bambini di tutto il mondo. Solita motivazione: non sono abbastanza “inclusivi”. Parole come grasso, brutto, nano, piccolo spariscono dal testo, sostituiti da circonlocuzioni, spesso con effetti ridicoli o grotteschi. Il ragazzino obeso de La fabbrica di cioccolato diventa così “enorme” (ma non è peggio?). I nani sono “piccoli uomini” senza che la loro statura aumenti di un millimetro, o “piccole persone”, per non dare giudizi affrettati sulla loro autopercezione di genere. Per motivi misteriosi, è oggetto di riscrittura la calvizie delle streghe del romanzo omonimo. Il testo “purgato” prevede che ai giovani lettori sia fornita una grottesca spiegazione “corretta”: “ci sono molte altre ragioni per cui le donne potrebbero indossare parrucche e non c’è certamente niente di sbagliato in questo”. Delizie inclusive. La signora Sporcelli – personaggio della Fabbrica di cioccolato, non sarà più “brutta e bestiale”. Ce ne rallegriamo, come del fatto che ne Le streghe, “non essere sciocco”, monito rivolto dalla nonna all’ Io narrante, diventi “non puoi andare in giro a tirare i capelli a tutte le donne che incontri”. Vietato giudicare “sciocco” qualcuno, e pazienza se il termine è tra i più educati.  La rimozione di “brutto” e “grasso” getta una luce sinistra sui moventi neolinguistici: un sottile veleno, un razzismo antropologico che nega la realtà attraverso la cancellazione delle parole. Non c’è, là fuori, “la vie en rose”, ma la dura- spesso sgradevole – realtà quotidiana. Il modello è quello dei “vincenti” dell’american way of life. Ciò che è considerato negativo nel loro modello ideale è nascosto o cancellato. Risultato: negazione dell’evidenza, incapacità di accettare le proprie imperfezioni e le altrui, paura di guardare con i propri occhi. Cancellare le parole non modifica ciò che descrivono. Il paraplegico non recupera l’uso delle gambe da “diversamente abile” e la “persona con problemi alla vista” non rivede la luce.   

Nel caso di Dahl, non è risparmiato il celeberrimo personaggio di Matilda, che non viaggia più con la fantasia “su vecchi velieri con Conrad. Andò in Africa con Hemingway e in India con Kipling”. Salvato Hemingway, pollice verso per gli autori di grandi romanzi d’avventura, Rudyard Kipling e James Conrad, per sospetto razzismo. Così Matilda “è andata nelle tenute del Diciannovesimo secolo con Jane Austen, in Africa con Hemingway e in California con Steinbeck.” La Austen, autrice di Ragione e sentimento, è probabilmente scelta in quanto donna; John Steinbeck, autore di Furore e Uomini e topi, è “politicamente corretto “per la sua critica alla società americana al tempo della Grande Depressione. Un altro personaggio, una cassiera di supermercato che scrive lettere per un uomo d’affari diventa “una grande scienziata e gestisce un’impresa”. 

Per portare avanti questa operazione di riscrittura orientata, l’editore di Dahl si è avvalso di Inclusive Minds, un gruppo che riunisce molti sensitivity readers, figure professionali che hanno il compito di individuare, all’interno di un testo destinato alla pubblicazione, parole, frasi e concetti ritenuti offensivi e lesivi della sensibilità e della cultura delle comunità di minoranza, apportando modifiche alle opere esaminate. La pulizia linguistica dei censori postmoderni, impiegati di concetto dell’Impero del Bene, svuota la mente, oltre a sfregiare contenuti altrui. Inclusive Minds, attiva dal 2013, definisce se stessa “un’organizzazione che lavora con il mondo del libro per bambini per sostenerli nella rappresentazione autentica, principalmente collegando gli operatori del settore con coloro che hanno vissuto l’esperienza di una o più sfaccettature della diversità. “Una dirigente spiega che occorre “garantire una rappresentazione autentica, lavorando a stretto contatto con il mondo del libro e con coloro che hanno vissuto l’esperienza di ogni aspetto della diversità”. Perfetto esempio di bispensiero neolinguistico: manipolare, censurare, cambiare il senso del lavoro di un autore diventa “garantire una rappresentazione autentica”. 

I bambini sono i destinatari privilegiati dell’indottrinamento: non si contano- non solo in ambito anglosassone- sussidiari e pubblicazioni orientati alla nuova rappresentazione della sessualità e dell’identità ad essa collegata, alle teorie di genere, alla normalizzazione positiva dell’omosessualità, della transessualità e del cambio di sesso: “sfaccettature della diversità”. Intanto, la guerra culturale si intensifica nella battaglia dei libri vietati, che nell’anno passato sono stati più di milleseicento nelle scuole americane. Nel mondo occidentale è in corso una durissima guerra culturale fatta di divieti, bavagli, che ha negli Stati Uniti l’epicentro e il luogo della battaglia più sanguinosa, la cui onda d’urto si diffonde in tutto il mondo, producendo una tabula rasa e perfino opposti indici di libri proibiti. La faccia nascosta della democrazia…  

 
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