Netanyahu e Trump verso una "restaurazione" dell'Ordine Mondiale

Come ci si poteva facilmente aspettare, la mossa fatta dal presidente  Donald Trump di uscire unilateralmente dal patto nucleare con l'Iran ha dato il via a nuovi conflitti e creato un nuovo fronte di guerra che, dal Medio Oriente, si andrà ad estendere all'Asia Occidentale includendo la possibilità di una terza guerra mondiale.

 Il patto del nucleare con l'Iran  è stato sottoscritto da Germania, Cina,  Russia, Francia, Regno Unito e USA. La revoca unilaterale di Washington rappresenta un duro colpo per la stessa credibilità internazionale degli Stati Uniti e spingerà ad una nuova corsa verso la proliferazione nucleare che diventa una scelta  obbligata per evitare il pericolo di cambio di regime imposto dagli USA sul modello Libia/Iraq.

Questa azione  di Trump indica la sudditanza di Washington agli interessi di Israele e segna anche  il tentativo degli USA di fare fronte alla sconfitta subita in Siria, in Iraq e nel Libano, mobilitando un fronte wahabita/sunnita per contrastare l'influenza iraniana che si estende fino al Mediterraneo. Infatti il Libano si è pronunciato, nelle recentissime elezioni, a favore di Hezbollah, assegnando al movimento di resistenza la leadership del paese dei cedri. Una sconfitta in più per il trio Israele, Arabia Saudita ed USA che, con pesanti interferenze (si ricorda il sequestro del premier Harirri) avevano cercato di condizionare a proprio favore l'esito delle elezioni.

Washington e Tel Aviv, non potendo tollerare l'avanzata inarrestabile dell'asse della Resistenza costituito da Siria-Iran-Libano-Iraq Sciita, hanno dichiarato di fatto guerra all'Iran con l'intenzione di condurre in parallelo tanto una guerra ibrida attraverso le sanzioni, l'infiltrazione e i tentativi di destabilizzazione interna del paese , quanto un’offensiva diretta, di cui un primo avviso si è visto nei giorni scorsi con l'attacco di Israele sulle presunte postazioni iraniane in Siria.

L'Iran non è un obiettivo facile ma gli USA e la Gran Bretagna intendono giocarsi la carta del mujahidin (MKO), un movimento insurrezionale iraniano, che conduce da anni azioni di sabotaggio ed attentati all'interno dell'Iran con l'appoggio dei servizi di intelligence degli USA, del Regno Unito e dell'Arabia Saudita. Quest'ultimo paese ha ricevuto mandato da Washington di destabilizzare l’Iran ricorrendo all' infiltrazione di cellule terroriste dell'ISIS dalla frontiera con il Pakistan. I primi tentativi si sono già verificati ma subito frustrati dalle guardie di frontiera iraniane. Non a caso gli USA hanno provveduto ultimamente a trasferire una buona parte dei miliziani jihadisti dalla Siria all'Afghanistan, con il proposito di farli entrare in Pakistan e procedere verso il confine iraniano.

 I super falchi neocon della Casa Bianca, John Bolton, Mike Pompeo, Jared Kushner (genero di Trump), assieme all'israeliano Bibi Netanyahu, in questa fase guidano totalmente la politica USA in Medio Oriente ed in Asia occidentale ed hanno l'intenzione di accelerare i tempi del piano di aggressione all'Iran. Inizialmente cercheranno di evitare il coinvolgimento della Russia.

Difficilmente la Russia potrebbe rimanere inerte, considerando la sua alleanza strategica con l'Iran e la possibilità di essere il successivo obiettivo degli Stati Uniti, decisi, a regolare i conti con Mosca una volta neutralizzato l'Iran. Putin sa che non avrebbe scelta, per quanto riluttante ad immischiarsi negli scontri tra Israele e i paesi arabi e islamici, questa volta lo scontro coinvolgerebbe direttamente  gli USA  e questo rappresenterebbe una minaccia alla sicurezza della Russia.  Mosca non avrebbe scelta e sarebbe costretta a reagire duramente.

Si spiega quindi lo stato di mobilitazione e di allarme in cui le forze russe si trovano in questi giorni in attesa di un possibile attacco che possa valicare quelle che la Russia considera le proprie "linee rosse": le sue forze in Siria e la sicurezza delle sue frontiere. Sono aumentati i pattugliamenti aerei sul Mar Nero e sul Caspio, è stato messo in allarme il sistema radar e le unità navali nel Mediterraneo sono in posizione di difesa/attacco in attesa di un’offensiva missilistica della flotta USA.

Nelle prossime settimane si potranno capire quali saranno le mosse del trio Israele-USA-Arabia Saudita ma gli ultimi avvenimenti dalla Siria alla Palestina non fanno presagire nulla di buono.


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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