USA e Cina: guerra di reti, e l'UE censura internet

Il clamoroso arresto in Canada, per ordine Usa, di Meng Wangzhou, figlia del fondatore del gigante tecnologico cinese Huawei e direttrice finanziaria della compagnia è un evento che ha caratterizzato le ultime settimane.

Nessuno crede che Meng Wanzhou sia stata incarcerata per motivi fiscali. È in atto una competizione di vasta portata la cui posta principale è il controllo delle tecnologie informatiche e delle reti di telecomunicazione. Il grande gioco continua, nell’assenza pressoché totale della vecchia Europa.La Cina, attraverso Huawei, impresa legata al potere politico e militare del Dragone, ha acquisito posizioni molto sgradite all’America; infatti ha in mano segreti industriali riservatissimi, codici di accesso, produzione di componenti strategici.

In più, la Cina controlla la schiacciante maggioranza delle risorse minerarie delle cosiddette “terre rare”, decisive per la realizzazione di apparati indispensabili delle nuove tecnologie. Vi è dunque un diretto interesse politico e militare, oltreché economico, che impone a Washington di contrastare Pechino. Huawei si è inserito con forza nel mercato con le conseguenze di guerra sotterranea che ognuno può immaginare, tanto che Giappone, Canada e Stati Uniti l’hanno esclusa dalle gare pubbliche legate allo sviluppo delle reti 5G.

La battaglia dei giganti è legata altresì alla capacità di raccogliere metadati, campo nel quale il capofila resta Apple. Si definiscono metadati le informazioni associate a contenuti informatici ovvero la classifica, elaborazione organica di dati e documenti. Quando creiamo un ID per accedere a un servizio riservato, compriamo un prodotto, scarichiamo un nuovo programma o un’applicazione, vengono raccolti dati che ci riguardano, preferenze di navigazione, indirizzo IP, ubicazione e estremi della carta di credito.

Quanto ad Huawei, che compete aggressivamente sullo stesso terreno, ammette nelle proprie avvertenze di utilizzare, oltreché i classici cookies per tracciare la navigazione, altri marcatori. Tuttavia, il vero potenziale dispiegato da Huawei non riguarda la telefonia, ma le reti telematiche. L’estate scorsa la presidenza americana ha proibito ai funzionari governativi l’uso di dispositivi della Huawei e della connazionale ZTE per il timore di fuga di dati. Oltre a software di altissimo livello e personale di eccellenza, la grande forza dei cinesi è il possesso della connettività. Secondo l’agenzia Deloitte, la Cina ha innalzato dal 2015 almeno 350mila antenne di telefonia mobile 5G, contro le 30mila statunitensi. Huawei è ormai la principale impresa di posa di reti in Asia.

Geopolitica e geostrategia sono la cornice dell’affare tecnologico ed economico più importante del XXI secolo, una vera e propria guerra sotterranea tra gli Usa e l’emergente potenza del Dragone. L’Europa ha battuto un colpo solo da pochissimi giorni, attraverso una dichiarazione del vicepresidente della Commissione Andrus Ansip, secondo il quale bisogna “temere imprese cinesi come Huawei”.

Il sonno strategico dell’UE si interrompe, paradossalmente, per promuovere la pesante censura alla rete che si prospetta in conseguenza della direttiva sul copyright, il diritto d’autore, la cui discussione è alle battute finali. La battaglia infuria sul testo definitivo. La normativa permetterà a piattaforme come Youtube, Facebook, Instagram e Twitter di bloccare contenuti e dare priorità ad altri. Un potere immenso che gli interessati non hanno reclamato, tanto da diventare i massimi oppositori della direttiva. La norma esige che vengano approntati algoritmi che blocchino preventivamente opere con diritti d’autore.

E’ la censura definitiva, il delitto perfetto contro la libertà perpetrato in ossequio al tornaconto della lobby di detentori di diritti intellettuali che limiterà la libertà di accesso alla rete di 500 milioni di europei, renderà più duraturo il potere dei cinque-sei giganti americani senza costruire un’alternativa alla tenaglia tecnologica Cina-Usa.

Uno dei nervi scoperti della vicenda è il danno causato alle imprese dall’assenza di giudici in carne ed ossa nelle controversie che si determineranno. La disputa su un contenuto bloccato per questioni di diritti d’autore sarà decisa da un algoritmo segreto, un programma informatico.

Il vasto mondo corre e gira, nuovi attori globali lottano per il controllo delle reti di telecomunicazione. Solo l’Europa è sempre più un recinto di vassalli teso a evitare responsabilità globali, rinunciatario in termini strategici e progettuali, ma vivissimo all’atto di tagliare spazi di libertà ai propri cittadini, prona agli interessi di gruppi di pressione stranieri.

La realtà, la vita stanno altrove: Cina, America, India, Brasile, Russia, Medio Oriente. Tutto, ormai, avviene altrove. Qui, nella terra del tramonto, tecnologico, economico, storico, culturale a sera chiude il museo, si pagano le rate agli strozzini e le royalties ai padroni del mondo, poi si spengono le luci.


Editoriale

 

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Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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