Salah – Un eroe dimenticato

 

I recenti accadimenti in terra santa, riportano alla memoria il sacrificio di un eroe dimenticato.

3 giugno 1968, mentre in Italia dilaga la protesta studentesca, che di lì a poco incendierà l’Europa occidentale cambiandone per sempre usi e costumi, un commando di “Al Fatah”, il braccio armato dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina-OLP, (il cui leader Yasser Arafat, pochi sanno essere nipote del Gran Mufti di Gerusalemme Amin al-Husseini  negli anni trenta, uno dei principali leader nazionalisti arabi e storico sostenitore dell’ Asse),tenta di penetrare nella zone occupate dagli israeliani dopo la guerra dei 6 Giorni. Il gruppo viene intercettato da una pattuglia dell’esercito sionista e nello scontro lascia sul campo numerosi martiri. Uno di loro, appena più grande dei ragazzi di Valle Giulia, è un belga, ha 33 anni, si chiama Roger Coudroy, nome di battaglia “Salah”, ed è il primo europeo a morire per la causa palestinese.

Di Coudroy, in realtà si sa molto poco, è un eroe, per gli sconfitti, il che non ne alimenta certo biografie. Si sa solo che era un giovane ingegnere cresciuto in Francia, che lavorò per la Peugeot in Kuwait, che militava politicamente a Destra, e che giovanissimo si iscrisse alla Jeune Europe, (Giovane Europa) il movimento transnazionale fondato in Belgio nel 1962 da Jean Thiriart, che in nome del patriottismo europeo invitava a far piazza pulita dei nostalgismi e a sostenere tutte le lotte di liberazione dei popoli in chiave, anticapitalista. Il movimento Jeune Europe fu fondato all’indomani della guerra d’Indipendenza d’Algeria, da ex militanti dell’Organisation armée secrète (OAS), e includeva nelle sue fila anche gli spagnoli del Círculo Español de Amigos de Europa (CEDADE). e giovani militanti italiani fuoriusciti dal M.S.I, che Thiriart aveva conosciuto a Venezia nel marzo 1962 quando intervenne come cofondatore del M.A.C. (“Mouvementd’actioncivique,-Movimento di Azione Civica), organizzazione di estrema destra belga, ad un convegno per la fondazione di un “Partito Nazional Europeo”, insieme fra gli altri, al Partito Socialista del Reich (SozialistischeReichspartei, SRP) fondato in Germania nel 1949, da Otto Ernst Remer, allo “Union Movement di Oswald Mosley” (successore della British Union of Fascists), e appunto all’M.S.I. per l’Italia.

Ma il progetto del Partito europeo abortisce ben presto, a causa soprattutto delle ambiguità dei firmatari italiani. La lezione che Thiriart trae da questo fallimento è che un Partito europeo non può nascere da un’alleanza di gruppi e movimenti piccolo-nazionali, ma deve essere fin da principio un’organizzazione unitaria su scala europea. Nasce così, nel gennaio 1963, la Giovane Europa, che avrà irradiazioni in Austria, Germania, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Pesi Bassi, Portogallo, Svizzera e chiaramente Italia. L’organizzazione, insiste soprattutto sulla formazione, organizza scuole quadri, tentando fra l’altro di costituire un’organizzazione sindacale comunitaria. Promana un suo braccio militare, le “Brigate rivoluzionarie europee”,(nelle cui fila si era arruolato Coudroy), per la lotta contro l’occupante statunitense. 

Già nel 1966 Thiriart aveva avuto un colloquio col ministro degli Esteri cinese Chu En- lai, a Bucarest, dove aveva chiesto di appoggiare la costituzione di un apparato politico-militare europeo per combattere contro il comunenemico. Nel tentativo di costruire un polmone esternol’organizzazione cerca contatti oltre che con la Cina, con l’Iraq, l’Egitto, e soprattutto con l’Autorità Nazionale Palestinese. Pochi mesi prima della Morte di Coudroy, Thiriart incontrò al Cairo Gamal Abdel Nasser, invitato all’ apertura del congresso dell’Unione Socialista Araba. Per Thiriart definizioni quale destra o sinistra non hanno significato, e ama citare Ortega y Gasset: «essere di sinistra o di destra, è scegliere uno degli innumerevoli modi che si offrono agli uomini d’essere imbecille» Il programma della Giovane Europa, esordisce così: “Tra il blocco sovietico e il blocco degli USA, il nostro compito è di edificare una grande Patria: l’Europa unita, potente, comunitaria… da Brest sino a Bucarest”…. l’Europa deve optare per una neutralità forte e armata e disporre di una forza atomica propria; deve “ritirarsi dal circo dell’ONU” e sostenere l’America Latina, che “lotta per la sua unità e per la sua indipendenza”. 

Il Manifesto abbozza un’alternativa ai sistemi sociali all’epoca vigenti nelle due Europe, proclamando la “superiorità del lavoro sul capitale” e la “superiorità dell’uomo sul formicaio”: “Noi vogliamo una comunità dinamica con la partecipazione nel lavoro di tutti gli uomini che la compongono”. Alla democrazia parlamentare e alla partitocrazia deve essere contrapposta una rappresentanza organica. Il Manifesto conclude così: “Noi rifiutiamo l’Europa teorica. Noi rifiutiamo l’Europa legale. Noi condanniamo l’Europa di Strasburgo per crimine di tradimento (..) a questa Europa legale che rifiutiamo, noi opponiamo l’Europa legittima l’Europa dei popoli, la nostra Europa…”. Accanto alla scuola per la formazione politica dei militanti “Jeune Europe” nel 1967, darà vita anche ad un’associazione universitaria, “Università Europea”, che sarà attiva particolarmente in Italia. 

Dal 1963 al 1966 viene pubblicato un organo di stampa in lingua italiana, “Europa Combattente”. Dal 1966 al 1970 esce “La Nazione Europea” a cura di Claudio Mutti, oggi direttore di “Eurasia”. La “NationEuropéenne”, annovererà collaboratori come: Il saggista algerino MalekBennabi, l’ambasciatore siriano Selimel-Yafi, l’ambasciatore iracheno Natherel-Omari, il presidente dell’OLP Ahmed Choukeiri, il capo della missione Vietcong ad Algeri Tran HoaiNam, e il capo delle Pantere Nere StokeleyCarmichael. Tra i militanti italiani più noti oltre al saggista Claudio Mutti, lo storico Franco Cardini, e l’ex-deputato e ex-europarlamentare della Lega Nord Mario Borghezio. Sul numero di febbraio del 1969 appare una lunga intervista rilasciata a Thiriart dal generale Peròn, il quale dichiara di leggere regolarmente “La NationEuropéenne” e di condividerne totalmente le idee. 

Nell’aprile del 1968 Gérard Bordes, direttore de “La NationEuropéenne”, si reca in Algeria, dove entra in contatto con la segreteria esecutiva del FLN  (Front de libérationnationale) algerino e consegna un documento “Mémorandum à l’intentiondugouvernement de la RépubliqueAlgérienne” firmato da lui stesso e da Thiriart, nel quale sono contenute le proposte seguenti: “Contributo europeo alla formazione di specialisti in vista della lotta contro Israele; preparazione tecnica della futura azione diretta contro gli Americani in Europa; creazione di un servizio d’informazioni antiamericano e antisionista in vista di un’utilizzazione simultanea nei paesi arabi e in Europa”. 

Nell’autunno del 1968 si reca a Bagdad, ospite del Partito Ba’ath, scopo del viaggio l’instaurazionedi una collaborazione per la creazione delle Brigate Europee, le quali dovrebbero partecipare alla lotta per la liberazione della Palestina.  Davanti al rifiuto del governo iracheno, determinato da pressioni sovietiche, decide di ritirarsi dalla politica militante. Dal 1969 al 1981, si dedica esclusivamente all’attività sindacale. Nel 1981, un attentato del Mossad, contro il suo ufficio di Bruxelles, induce Thiriart a riprendere l’attività politica. 

All’inizio degli anni ottanta, abbandonata la vecchia parola d’ordine “Né Mosca né Washington”, Thiriart si avvicinerà alla Russia: Scriverà:..”Un’Europa occidentale alleata, o un’Europa occidentale aggregata all’URSS sarebbe la fine dell’imperialismo americano…Se i Russi vogliono staccare gli Europei dall’America…devono necessariamente lavorare per questo scopo…bisogna che ci offrano…. la possibilità di costruire un’entità politica europea….”. Nell’agosto 1992 Thiriart è a Mosca, a fare gli onori di casa è Aleksandr Dugin, il quale nel marzo dello stesso anno ha accolto Alain de Benoist. L’attività di Thiriart a Mosca, dove si trovano anche Carlo Terracciano delegato del Fronte Europeo di Liberazione, è intensissima. 

Tiene conferenze stampa; rilascia interviste; partecipa a una tavola rotonda con Prokhanov, Dugin e Sultanov nella redazione del giornale “Den’”, che pubblicherà un testo di Thiriart intitolato “L’Europa fino a Vladivostok”; ha un incontro con Gennadij Zjuganov; si intrattiene con altri esponenti dell’opposizione, tra cui Nikolaj Pavlov e SergejBaburin; discute con il filosofo e dirigente del Partito della Rinascita Islamica Gejdar Dzemal; partecipa a una manifestazione di studenti arabi per le vie di Mosca. 

Il 23 novembre, tre mesi dopo il suo rientro in Belgio, Thiriartmorirà stroncato da una crisi cardiaca. Sulla figura di Thiriart, si è detto e scritto molto, direttamente o indirettamente, influenzerà tutta la politica della cosiddetta “Destra Sociale” ancora interna al M.S.I. (allora rappresentata prevalentemente da Beppe Niccolai) , come aveva già influenzato molti dei movimenti extraparlamentari, da “Avanguardia Nazionale”, a “Terza Posizione”, a “Lotta di Popolo” e loro derivazioni successive, (durante la guerra dei 6 giorni, 3 giovani universitari legati a “Lotta di Popolo”, Paolo Zanetov Franco Papitto e Andrea Grilli si presentarono all’ambasciata della repubblica Araba unita d’Egitto per chiedere di raggiungere la linea del fuoco), invece il nome di Coudroy,  è un nome nel vento, un’ombra che da cinquant’anni percorre la fantasia di chi almeno una volta ha sognato di lasciare ogni cosa alle spalle e vivere nella pienezza di un ideale.

E’ un nome “dimenticato”, nemmeno l’avvento di Internet ha dissipato la coltre di oblio che ne circonda il ricordo. Su di lui si trovano una sola fotografia e una manciata di riferimenti su Google, esclusivamente in francese o in italiano. A testimonianza dei pochi mesi da lui trascorsi nelle file della resistenza resta uno scritto, a metà strada fra un diario e un saggio storico, dove il giovane ingegnere annota i resoconti delle sue esperienze,  le sue impressioni sui  combattenti, ma anche alcune intense  descrizioni sulle donne con “le guance dolci, il naso fine e le labbra tenere”, o sui bambini:“della Palestina ne fanno un’ode alla dolcezza che viene loro negata, al canto e alla fiducia, che li rende al contempo felici e senza speranza”. Questo volumetto viene pubblicato a Beirut nel 1969 per opera del Centro Ricerche dell’Olp, con il titolo “J’aivécu la résistancepalestinienne“. 

In Italia ne esiste la traduzione “Ho vissuto la resistenza palestinese” pubblicata per “Passaggio al Bosco”, la benemerita casa editrice che misteriosamente resta ancora organica a quei “Fratelli d’Italia” che hanno fatto proiettare per solidarietà con lo stato assassino di Israele la bandiera Israeliana sull’Arco di Tito, eterno simbolo della straordinaria forza militare romana, fatto costruire (beffa finale) per celebrare la vittoria di Tito proprio sui Giudei. Non esistono altri memoriali o testimonianze che ricordino la figura di Coudroy, ignorato per ragioni di opportunità dalla galassia dei gruppi di solidarietà con la Palestina, prevalentemente di sinistra,  a destra ha scontato la difficoltà di instaurare su questo eroe un culto della memoria simile a quelli che l’ambiente ha prodotto, per il camerata Coudroy, nessun “presente”.

Non li vedranno più crescere nei campi di rifugiati, alla mercé della carità delle Nazioni Unite. Non li vedranno più seguire le lezioni di scrittura seduti per terra sotto le tende e non conosceranno più l’angoscia di vederli crescere senza Patria, senza istruzione, senza spirito. E la sera, non siederanno più sulle terrazze delle pasticcerie per guardare le ragazze passare,(..) Quando una pallottola o una baionetta li avrà colpiti, nel momento in cui saranno caduti, sanguinanti, bruciati e straziati, avranno gridato “Viva la Palestina” con uno slancio d’odio verso il nemico che avrà resistito una volta di troppo.” (Roger Coudroy).



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