"Report" - scandalo senza fine

Non c'è niente da fare: Sigfrido Ranucci proprio non ce la fa a capire che "Report" non è un ambito privato, all'interno del quale può fare ciò che vuole, sempre e comunque, ma una trasmissione del servizio radiotelevisivo pubblico. La quale, conseguentemente, dovrebbe essere improntata ai principi di correttezza del buon giornalismo. Al contrario, "Report" continua a essere una specie di clava, che Ranucci usa a suo piacimento contro coloro che lui e in suoi mandanti considerano nemici.

Non è cambiato niente, nemmeno con l'avvento del centrodestra al governo, tanto che nell'ultima puntata Ranucci e i suoi scudieri, travestiti da giornalisti, hanno rilanciato un vecchio cavallo di battaglia: dietro le stragi mafiose di trent'anni fa, in giro per l'Italia, c'era la mano di Stefano Delle Chiaie. E via con le "prove" a sostegno di questa tesi: interviste a uomini e donne mascherati e assurdità varie spacciate per verità assolute.

Possiamo immaginare l'interesse che possa suscitare in un telespettatore medio una trasmissione che si occupa di vecchie stragi di mafia, accusando un "fascista", peraltro defunto: certamente vicino allo zero e, infatti, Ranucci ormai lavora per se stesso e per i suoi ispiratori politici, non certo per il bene della televisione di Stato.

La domanda che ci poniamo, perciò, è sempre la stessa: perché nessuno ferma questa scheggia impazzita, che potrebbe lavorare su tanti temi davvero attuali e di interesse generale, invece di soddisfare i rancori personali (suoi e dei suoi amici) e di prendersela con chi non la pensa come lui, peraltro calunniando anche i morti? In Rai c'è o no qualcuno che si occupa di verificare l'attendibilità delle "rivelazioni" di questi pseudogiornalisti?

Purtroppo, al momento, la risposta è sempre la stessa: no, Ranucci non viene fermato e nessuno pare occuparsi di quello che è palesemente un caso. La speranza è che presto il nuovo governo porti una ventata di novità in Rai, mettendo alla guida dell'azienda "teste" che siano ben lontane dalla cultura sinistra che pervade i corridoi di viale Mazzini e di Saxa Rubra da decenni. E che il cambiamento spazzi via i vari Ranucci, che continuano, tronfi e arroganti, a fare il bello e il cattivo tempo. Ovviamente, lautamente pagati con i soldi dei contribuenti.

 

Immagine: https://www.raiplay.it/


Editoriale

 

Il bene e il male

di Adriano Tilgher

È un mondo confuso quello che ci circonda. Ho visto il filmato di un uomo vestito da donna, che, secondo la lingua dei barbari, preferisce definirsi “drag queen”, mentre racconta a dei bambini o poco più che bambini, che il mondo è cambiato, che le vere favole non sono più quelle che ci hanno raccontato i nostri nonni o i nostri genitori, ma sono quelle nuove che raccontano di un’umanità in trasformazione, dove i sessi, contrariamente a quello che ci ha insegnato la natura, non sono solo due ma molti e molti di più (dimenticando che quando si parla di sesso, secondo la natura, si intendono manifestazione e funzione dello stesso e non le differenti pulsioni o deviazioni o perversioni di ognuno).

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La Spina nel Fianco

 

La meglio gioventù

1º ottobre 1950, nasce a Milano Marco Tullio Giordana, regista, sceneggiatore e scrittore italiano fuori dagli schemi, che seppur proveniente da quell' “intellighenzia" sinistra che ha dominato il mondo della cultura italiana sin dalla fine della seconda guerra mondiale, nelle sue opere dimostrerà un inusitato coraggio ad affrontare temi controversi, e a portare sullo schermo, autori altrettanto controversi, rappresentando forse più di tutti gli altri registi contemporanei, un reale spaccato della vita, dell'arte e soprattutto della politica del nostro Paese. Capacità di analisi dovuta presumibilmente dalla sua formazione accademica. (facoltà di lettere, indirizzo antropologico). Trasferitosi da Milano a Roma per motivi di studio, già da studente universitario collabora alla realizzazione del film di montaggio di Roberto Faenza "Forza Italia" , un film documentario del 1977 sulla situazione politica dell'Italia nel dopoguerra realizzato utilizzando spezzoni di documentari dell'istituto luce ed altri filmati relativi alla storia italiana dal 1945 fino alla metà degli anni settanta. Il titolo coincide (fortuitamente ?) con il nome dell'omonimo partito politico fondato da Silvio Berlusconi diciassette anni dopo. Nel 2011 Faenza sarà autore del docufilm Silvio Forever.

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