Regionali del Lazio, suicidio di Fratelli d'Italia

È incredibile, davvero, quel che è accaduto nel Lazio, dove Giorgia Meloni ha atteso l’ultimo minuto (o quasi) per annunciare il candidato della coalizione di centrodestra, da opporre al paladino della sinistra, vale a dire Alessio D’Amato, attuale assessore regionale alla Sanità e già incappato in qualche piccola disgrazia giudiziaria. Nostra Signora della Garbatella ha scelto il palco della Festa del decennale dei Fratelli d’Italia, per dire al mondo intero che i nomi in pista erano tre e che li avrebbe sottoposti agli altri partiti, per arrivare a una scelta condivisa. Peccato avesse già deciso, tantoché il giorno dopo Francesco Rocca ha lasciato la Croce Rossa, dove governava incontrastato da tempo immemore, e ha annunciato la sua candidatura alla presidenza della Regione Lazio. Alla faccia della scelta condivisa.

Già questo modo di procedere lascia perplessi, denotando una totale mancanza di rispetto per gli alleati, ma parliamo del male minore. Quel che è peggio, infatti, è che il candidato che avrebbe garantito (o quasi) la vittoria, vale a dire Fabio Rampelli, è stato accantonato, sacrificato in nome della volontà di Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e, soprattutto, cognato di Giorgia Meloni. “Lollo”, infatti, per motivi ai più sconosciuti, odia Rampelli – la cui caratura politica, rispetto al compagno della sorella di Giorgia, è nettamente superiore – e lo aveva già fatto fuori dalla compagine di Governo.

Nel Lazio, non c’era un solo motivo per rinunciare a Rampelli, già consigliere e assessore regionale, ma “Lollo” è stato irremovibile. E, allora, Giorgia è andata su un vecchio amico di Rampelli, vale a dire Francesco Rocca, a capo prima dell’ospedale Sant’Andrea, poi della Croce Rossa Italiana e successivamente di quella internazionale. Insomma, un tecnico, non un politico. Che, però, ha un brutto scheletro nell’armadio: una vecchissima condanna per spaccio di stupefacenti (risale a 38 anni fa), che i giornaloni di centrosinistra hanno tirato subito fuori, per attaccare l’alfiere di Nostra Signora della Garbatella. Non solo: chi conosce Rocca racconta di un carattere tutt’altro che semplice e di un uomo tutt’altro che simpatico. Anche Rampelli, si sosterrà, non è tenero. Vero, ma almeno è un politico fatto e finito, con enormi consensi a Roma (dove si vincono le Regionali del Lazio) e non è un caso che l’ascesa di Giorgia Meloni sia iniziata proprio nel gruppo dei “Gabbiani”, che fa capo a Fabio Rampelli.

La lotta interna a Fratelli d’Italia, insomma, rischia di trasformarsi (anzi, si è già trasformata) in un suicidio, in vista delle Regionali del Lazio: preferire Rocca a Rampelli è stato un errore drammatico, di cui si avrà contezza soltanto nelle prossime settimane. Un po’ com’è avvenuto con Michetti per il Campidoglio: all’inizio si lodavano la sua preparazione e la sua indipendenza dai partiti, alla fine ci si domandava come avesse fatto una politica non improvvisata come Giorgia Meloni a candidarlo per guidare la Capitale d’Italia. E il risultato uscito dalle urne, con la netta affermazione del compagno Gualtieri, ha confermato quanto Michetti fosse inadeguato.

Dopo pochi mesi, ci risiamo. Messo all’angolo l’uomo che, quasi certamente, avrebbe portato il centrodestra al successo nel Lazio, dopo dieci anni di Zingaretti, i Fratelli d’Italia scelgono un signor nessuno, perché politicamente di questo si tratta. E, statene certi, al di là delle parole concilianti, Rampelli non muoverà un dito per aiutare Rocca, esattamente come fece nel 2005 con Storace. Il quale, non a caso, venne sconfitto a sorpresa da Piero Marrazzo. Se a febbraio 2023 vincerà D’Amato, però, nessuno dovrà sorprendersi. Per evitarlo, sarebbe bastato ricordare la lezione del 2005.

 

Immagine: https://www.romatoday.it/


Editoriale

 

Il bene e il male

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È un mondo confuso quello che ci circonda. Ho visto il filmato di un uomo vestito da donna, che, secondo la lingua dei barbari, preferisce definirsi “drag queen”, mentre racconta a dei bambini o poco più che bambini, che il mondo è cambiato, che le vere favole non sono più quelle che ci hanno raccontato i nostri nonni o i nostri genitori, ma sono quelle nuove che raccontano di un’umanità in trasformazione, dove i sessi, contrariamente a quello che ci ha insegnato la natura, non sono solo due ma molti e molti di più (dimenticando che quando si parla di sesso, secondo la natura, si intendono manifestazione e funzione dello stesso e non le differenti pulsioni o deviazioni o perversioni di ognuno).

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1º ottobre 1950, nasce a Milano Marco Tullio Giordana, regista, sceneggiatore e scrittore italiano fuori dagli schemi, che seppur proveniente da quell' “intellighenzia" sinistra che ha dominato il mondo della cultura italiana sin dalla fine della seconda guerra mondiale, nelle sue opere dimostrerà un inusitato coraggio ad affrontare temi controversi, e a portare sullo schermo, autori altrettanto controversi, rappresentando forse più di tutti gli altri registi contemporanei, un reale spaccato della vita, dell'arte e soprattutto della politica del nostro Paese. Capacità di analisi dovuta presumibilmente dalla sua formazione accademica. (facoltà di lettere, indirizzo antropologico). Trasferitosi da Milano a Roma per motivi di studio, già da studente universitario collabora alla realizzazione del film di montaggio di Roberto Faenza "Forza Italia" , un film documentario del 1977 sulla situazione politica dell'Italia nel dopoguerra realizzato utilizzando spezzoni di documentari dell'istituto luce ed altri filmati relativi alla storia italiana dal 1945 fino alla metà degli anni settanta. Il titolo coincide (fortuitamente ?) con il nome dell'omonimo partito politico fondato da Silvio Berlusconi diciassette anni dopo. Nel 2011 Faenza sarà autore del docufilm Silvio Forever.

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