È nato il Governo di Giorgia Draghi

Ci aveva fatto “una capa tanta”, strillando contro il Governo Draghi e contro tutte le sue storture; era stata l’unica, nel centrodestra a opporsi, almeno sulla carta, all’esecutivo dei Migliori; era stata sempre lei a dirsi contro le chiusure dovute al Covid e a tutte le scellerate, inutili restrizioni, a partire dal Green Pass. E questo le ha consentito di potersi esibire, per mesi, in tv, dichiarando quel che i cittadini volevano sentirsi dire, prima in periodo di pandemia, poi nel momento di una crisi economica buia e del rialzo folle dei prezzi energetici e alimentari. Così, Giorgia Meloni ha vinto, come da pronostico, le elezioni dello scorso 25 settembre e il presidente Mattarella non ha potuto far altro che incaricarla di formare il nuovo Governo. Lei è arrivata al Quirinale con la lista dei ministri già pronta e in meno di una settimana ha ottenuto la fiducia dei due rami del Parlamento.

Nel giro di poco più di un mese, dunque, il Paese ha visto un nuovo esecutivo al lavoro e questo è senz’altro un record, dovuto non a uno straordinario successo dei Fratelli d’Italia (che sono il primo partito con il 26 per cento dei voti, mentre nel 2018 i 5Stelle avevano il 33), ma a una legge elettorale truffaldina, che Renzi aveva fatto creare per sé, quando l’allora “suo” Pd viaggiava intorno al 30 per cento. Grazie a questa legge, il centrodestra, col 42/43 per cento dei voti, ha una solida maggioranza sia al Senato che alla Camera.

Tutto bene, dunque? Neanche per sogno. Giorgia Meloni, infatti, com’era facile prevedere, ha tirato fuori dal cilindro un Governo imbarazzante, che è l’esatto contrario di ciò che aveva promesso agli italiani in campagna elettorale. Perché strillava contro Draghi, Nostra Signora della Garbatella, se poi ha scelto come ministro dell’Economia il più draghiano dei leghisti, vale a dire Giancarlo Giorgetti, che nel precedente esecutivo ricopriva il ruolo di ministro dello Sviluppo Economico? Semplice: Giorgetti è l’uomo che garantisce i potentati economico finanziari mondiali, essendo amico non solo di Draghi, ma di molti banchieri di livello assoluto. Senza un ministro del genere, il Governo Meloni non sarebbe neanche partito.

Il ministro della Transizione Ecologica del Governo Draghi, Roberto Cingolani, è stato invece affiancato, in qualità di consulente, al nuovo ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, il quale, probabilmente, non sentiva il bisogno di un “tutor”. Ma questo aveva promesso Giorgia a Draghi e questo è. E certo non è una grande novità Maria Elisabetta Alberti Casellati, che è stata catapultata dalla presidenza del Senato al ministero delle Riforme, mentre è meglio stendere un velo pietoso sul cognato di Giorgia (Francesco Lollobrigida), diventato ministro dell’Agricoltura, dove ci saranno da spendere parecchi miliardi del Pnrr.

Potremmo andare avanti così per ognuno degli oltre venti ministri di questo esecutivo e la musica non cambierebbe: si tratta di personaggi di livello infimo, tranne rarissimi casi. E, quel che è peggio, sono tutti sulla linea della continuità col Governo Draghi.

Forse non è un caso, perciò, che nella lista non ci sia Fabio Rampelli, uno dei pochi “fratellini” ad avere non solo una preparazione politica di altra caratura, ma anche una storia personale chiara, che nulla ha in comune con banchieri e traffichini, che abbondano, purtroppo, nel primo (e speriamo ultimo) Governo Meloni. Tanto che, se andiamo a guardare i dettagli, scopriamo che questa non è la compagine ministeriale promessa dalla leader dei Fratelli d’Italia in campagna elettorale: questo è un esecutivo che nasce prono a Bruxelles e agli Stati Uniti d’America. Il Governo, in sintesi, di Giorgia Draghi.

 

Immagine: https://www.barbadillo.it/


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

Leggi tutto...

La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

Leggi tutto...

Questo sito si serve di cookies tecnici e di terze parti per fornire servizi. Utilizzando questo sito acconsenti all'uso dei cookies.