Il Governo dei peggiori

Se ne va il Governo dei Migliori e non se sentiremo la mancanza: Draghi e i suoi compari ne hanno combinate di tutti i colori, sotto l’attenta regia dei potentati economico-finanziari mondiali e dei burocrati telecomandati da Bruxelles. E’ bastato un anno e mezzo, per peggiorare quasi tutti i parametri del Paese, per impoverire ancor più chi già era povero e per far schizzare i prezzi (di energia e alimentari, in particolare, più che in qualsiasi altra Nazione).

L’Italia che aspetta il primo Governo a guida Meloni, dunque, è un Paese in ginocchio, piegato prima da due esecutivi presieduti da un incapace totale, Giuseppe Conte, e poi affossato, in modo quasi definitivo, da un suddito delle lobby finanziarie, il professor Mario Draghi.

Per rialzare la testa, per uscire da una crisi che sembra senza una soluzione, servirebbe, dunque, un esecutivo davvero di Migliori, capace di dare un colpo d’ala, per far ripartire la derelitta Italia. E, invece, sappiamo già che questo sarà, quasi certamente, il Governo dei Peggiori. A partire dalla premier, Giorgia Meloni, che non solo non ha alle spalle alcuna esperienza concreta di amministrazione – l’unico incarico ricoperto è stato quello di ministro della Gioventù, carica totalmente inutile e senza peso – ma che sta facendo il possibile, prima ancora di sedersi a Palazzo Chigi, per accattivarsi le simpatie dei salotti buoni, dei “politicamente corretti”, dei filo-Bruxelles e delle élite finanziarie. Rinnegando, così, tutto ciò che aveva detto e fatto in passato.

Arrivata sulla soglia di Palazzo Chigi, grazie a un consistente consenso popolare, Giorgia Meloni sta cercando di cancellare quelli che, evidentemente, ritiene fantasmi ingombranti, ma che, in realtà, sono valori che dovrebbero  rappresentare il Dna del suo partito, nato sulle ceneri del Msi (discutibile sì, ma senz’altro con una spina dorsale, a differenza dei “fratellini”): il “no” a un’Italia schiava degli Stati Uniti; il “no” ai diktat dell’Unione Europea, ormai diventata una succursale di banche e banchieri; il “no” alla dittatura economica mondiale, che fa capo alle lobby ebraiche.

Ecco, prima ancora di cominciare, Giorgia Meloni ha già detto da che parte starà: la stessa di Mario Draghi. E, quindi, ha già indicato il profilo di coloro che comporranno la sua squadra: personaggi infimi, senza alcuna specificità, presi dalle seconde e terze file di una classe politica caduta sempre più in basso. E i nomi che circolano e che presto troveranno conferma, col giuramento al Quirinale, sono garanzia di questa pochezza.

In definitiva, se l’esecutivo Draghi era nato con grandi speranze, con definizioni pompose, quale appunto Governo dei Migliori, stavolta non c’è spazio nemmeno per la fantasia: quello presieduto da Giorgia Meloni sarà, indiscutibilmente, il Governo dei Peggiori. Auguri all’Italia e agli italiani.


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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