Il cambiamento, questo sconosciuto

Chi sperava in una svolta, in un cambiamento vero per la derelitta Italia, all’indomani delle elezioni politiche, può rassegnarsi: il futuro Governo, a guida Giorgia Meloni, non porterà nulla di nuovo e, quindi, nessuno scossone positivo. Per capirlo, basta leggere sui “giornaloni” le indiscrezioni, i “si dice”, fatti filtrare dai tre partiti che sosterranno l’esecutivo: Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia.

L’unica vera preoccupazione che emerge non è quella di varare interventi rapidi, in grado di rimettere in sesto l’economia del Paese e di aiutare famiglie e imprese, che versano in difficoltà gravissime, per gli aumenti indiscriminati e ingiustificati, che hanno fatto esplodere i prezzi dei prodotti energetici e alimentari. No, il pensiero fisso di Meloni e compagnia è quello di dimostrare di essere fedeli all’Europa e agli Stati Uniti, ovvero a coloro che ci stanno affossando in modo definitivo.

Non è un caso, ad esempio, che dal quartier generale di Nostra Signora della Garbatella si sia fatto sapere che Giorgia avrebbe convinto Fabio Panetta a ricoprire l’incarico di ministro dell’Economia, il ruolo-chiave del Governo. Panetta è stato Direttore generale della Banca d’Italia e Presidente dell’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (Ivass) e dal gennaio 2020 è membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea. Se davvero sarà lui il ministro dell’Economia del Governo Meloni, cosa cambierà rispetto all’esecutivo Draghi e al ministro Franco? Nulla, assolutamente nulla.

Se, poi, andiamo a leggere i nomi degli altri “papabili”, vengono i brividi. Francesco Lollobrigida, cognato di Giorgia Meloni, sarebbe candidato alle Infrastrutture. “Lì ha fatto il ministro Toninelli – dirà qualcuno – Può farlo anche Lollobrigida”. Certo, ma il problema è proprio questo: quel ministero, importantissimo per lo sviluppo del Paese, è fermo da anni, per l’incompetenza dei politici che vi si sono succeduti, oltre che per l’inerzia di burocrati con buste paga da capogiro. Mandarci Lollobrigida, che anche in Regione riuscì a non dare segni di vita nel campo delle Infrastrutture (Giunta Polverini), significa condannare il sistema infrastrutturale del Paese ad altri anni di inaccettabile stallo.

Ovviamente, si sta giocando anche la partita del Viminale, il “giocattolo” di Salvini, che appare sempre più come un bambino viziato, che chiede alla mamma di riavere il suo gioco preferito. Mamma Giorgia, però, gli ha detto “no”, perché il Quirinale avrebbe già posto il veto sul nome di Salvini. E, allora, si parla di “tecnici”, come l’attuale capo dei servizi, Elisabetta Belloni, o del tristemente noto ex prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, che proprio nella Capitale dimostrò di non essere un campione di efficienza. Piuttosto un frequentatore di “salotti buoni” e ristoranti, ma questo non è quello che serve agli italiani, dopo un ministro dell’Interno drammatico, quale la signora Lamorgese.
Ecco, questo è il quadro, desolante, che si profila per alcuni ministeri fondamentali, ma possiamo aggiungere anche gli Esteri, dove potrebbe arrivare Antonio Tajani, ex presidente del Parlamento Europeo, ovviamente molto gradito a Bruxelles, o la Giustizia, dove sembra favorita l’avvocatessa Giulia Buongiorno, assurta alle cronache per la difesa di Andreotti dalle accuse di mafia e da lì lanciatissima in una carriera politica non priva di inciampi. Quanto alla Transizione ecologica, oggi decisiva, Meloni non ha nemmeno provato a tirar fuori un altro “campione” dal suo cilindro magico: sarà confermato Roberto Cingolani, lo stesso che nell’anno e mezzo di Governo Draghi ha assistito passivamente all’impennata dei prezzi dell’energia.

Insomma, se con Draghi l’Italia era in discesa verso il baratro, con Giorgia Meloni correrà veloce incontro alla disfatta totale: la discontinuità resterà un sogno e, come sempre, a governare saranno i potentati economico-finanziari europei e statunitensi. Ma Nostra Signora della Garbatella avrà coronato il suo sogno e siederà, con famigli e sodali, al banchetto di Palazzo Chigi e dintorni.

 

Immagine: https://www.giorgiameloni.it/


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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