Prospettive politiche per l'istruzione italiana

 

E’ indubbio ed innegabile il successo quanto lusinghieri sono i pronostici ed i sondaggi per la Lega in una nuova (ed auspicabile) consultazione, ma in un settore nevralgico e cruciale, come del resto per gli altri componenti della fragile coalizione, le prospettive sono grigie perché l’attenzione è scarsa se non addirittura nulla. E’ il campo dell’istruzione o meglio ancora della cultura, in cui viene esibito ad ogni angolo delle strade, cioè in ogni occasione televisiva e giornalistica, come campione imbattibile ed insuperabile quel fascinoso soggetto, modello di rispetto, di temperanza e di educazione, qual è Vittorio Sgarbi.

   Ma è il complesso generale a preoccupare e a rendere il futuro arido. Giorni addietro, in una delle mille estrinsecazioni verbali, Salvini tra i temi del programma governativo della “durata di 10 anni”, ha inserito telegraficamente, stavo per dire tacitianamente, la riforma della scuola “e non nel senso del PD”. Lo smarrimento è stato pari allo sconforto: si liquida in 9 parole banali un argomento, sul quale è necessario ed improrogabile adottare misure capillari ed incisive.

   Alcune prove confermano il peso delle preoccupazioni in un aspetto della vita sociale mai curato dagli esecutivi Berlusconi degli scorsi anni. In un liceo milanese, la città culla e patria di Salvini, sono state organizzate spiegazioni tecniche di guerriglia urbana, dell’omosessualità, dello ius soli e dell’interruzione volontaria di gravidanza. In un altro istituto superiore della “capitale morale”, tra le lezioni tenute da qualificati “studiosi” di estrema sinistra e non del moderato PD, ne è prevista una sulla “sottile linea nera: strategia della tensione da piazza Fontana a piazza della Loggia”.

    Sarebbero sufficienti comunque pochi attimi e non minuti di attenzione per rendersi conto e capire la profondità e la capillarità della presenza avvolgente e soffocante della sinistra, nostalgica delle BR, e radical chic nelle scuole italiane. La fase conclusiva delle celebrazioni per il centenario del I conflitto mondiale ha stimolato, senza alcun contrasto, una fila ininterrotta di manifestazioni contrarie all’impegno di 100 anni or sono e rivolte unicamente all’irrisione e alla derisione dei caduti e dell’”inutile strage”, frase per la miliardesima volta travisata e stumentalizzata.

   Un colossale “meeting di pace nelle Trincee della Grande Guerra”, insignito dall’immancabile medaglia del Presidente della Repubblica, è stato organizzato in 113 scuole del Friuli Venezia Giulia nel quadro di un programma pluriennale di educazione alla cittadinanza chiamato “Dalla Grande Guerra alla Grande Pace”.

   Un modesto suggerimento sulla linea da contrapporre: perché non documentare ai giovani il tasso di democraticità e la presenza polipartitica esistenti in Cina?

                                                                                           


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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