Fermare Draghi o farà danni irreparabili

Ci fecero una testa così – più o meno un anno fa, quando Mario Draghi, spinto da Renzi, Berlusconi, Salvini, Letta nipote e compagnia, fu convocato da Mattarella per formare il nuovo Governo – dicendoci che eravamo fortunati ad avere in casa una risorsa come quella dell’ex governatore di Bankitalia ed ex presidente della Banca Centrale Europea. E che, certamente, il suo sarebbe stato un esecutivo di persone competenti, altro che quello del suo predecessore, Giuseppe Conte.

Non a caso, appena formato il nuovo Governo, i giornaloni iniziarono a battere le mani, parlando, senza se e senza ma, di “Governo dei Migliori”. Finalmente, ci venne da pensare, un premier che non guarderà in faccia nessuno, non ascolterà quel che resta dei partiti e farà l’interesse del Paese. Il pensiero, però, si rivelò subito un’illusione: bastò leggere i nomi dei ministri, per capire che di migliore c’era davvero poco o nulla.

Alla Sanità, ad esempio, c’era ancora Roberto Speranza, lo stesso della fallimentare gestione dell’emergenza Covid. Draghi, il migliore dei migliori, aveva scelto il peggiore dei peggiori, per un dicastero chiave, in un periodo di pandemia. Giggino Di Maio, artefice dei migliori fallimenti dei due governi Conte, anziché essere cacciato a pedate nel sedere, era, invece, stato promosso al Ministero degli Esteri: lui, che pochi anni prima, incontrava i potenti del mondo nella tribuna dello stadio di Napoli, per vendere loro bibite e bruscolini, avrebbe rappresentato l’Italia in tutto il pianeta. Maria Rosaria Carfagna, che in passato si era distinta soprattutto per il suo ruolo di soubrette in programmi a dir poco “leggeri” sulle tv berlusconiane, assurgeva al ruolo di Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie. Non solo: la fallimentare Lamorgese era ancora al Viminale, mentre l’impalpabile Franceschini continuava a comandare ai Beni Culturali.

Capimmo subito che c’era qualcosa che non andava, ma non pensammo di dare la colpa al Migliore, al secolo Mario Draghi, cercando di spostare le responsabilità sui partiti che sostenevano (e sostengono tutt’oggi) l’esecutivo. Poi, però, tra i ministri scorgemmo anche il nome di Vittorio Colao, quale titolare dell’Innovazione tecnologica e della transizione digitale. Colao era (ed è) lo stesso che, nominato dal governo Conte bis, aveva guidato l’inutile task force per la ricostruzione economica del Paese, in piena pandemia. E, soprattutto, Colao non è un uomo dei partiti, ma è espressione delle banche e della finanza mondiali. Averlo voluto nel Governo dei Migliori era un segnale chiaro e inequivocabile, da parte di Mario Draghi.

Così, già un anno fa, mentre il Paese festeggiava questo meraviglioso esecutivo, temevamo che, presto o tardi, sarebbe arrivato il peggio, altro che il meglio: Draghi e i suoi ministri avrebbero gettato la maschera e l’Italia avrebbe pagato un caro prezzo.

Un po’ la pandemia, un po’ i venti di guerra che arrivano dall’Ucraina e il peggio è arrivato: prima con le imposizioni forzatamente legate al Covid (vaccinazioni e Green Pass), ma che col Covid non hanno nulla a che fare; poi l’esplosione dei prezzi, a partire da quelli dell’energia, che non trova motivazioni valide nell’aumento (lieve) del costo delle materie prime.

I cittadini e le imprese sono in ginocchio, gli stipendi medi non bastano più nemmeno per arrivare alla terza settimana del mese, le bollette di gas e luce sono triplicate e il Governo dei Migliori non sa far altro che promettere pannicelli caldi. Con uno dei suoi ministri, il fantastico Cingolani, responsabile della Transizione ecologica, che scopre l’acqua calda: “I rincari dei carburanti sono ingiustificati”. Bene, allora qualcuno gli spieghi che dovrebbe essere il suo governo a tagliare imposte e accise, per fermare la folle corsa di benzina e diesel.

In definitiva, è passato un anno, o giù di lì, e l’Italia è alle corde, stremata, oggi più che mai. Tutti, in questi dodici mesi, si sono accorti che Draghi, come politico, vale Conte, ossia nulla. Tutti, però, devono anche comprendere che, come uomo voluto dalle banche e dalle élite finanziarie, Mario Draghi è molto più pericoloso di chi lo ha preceduto. Il Governo, di fatto, non c’è, ma Draghi sì. E, se non sarà fermato subito, produrrà danni irreparabili a cittadini e imprese.

 

Immagine: https://www.adnkronos.com/


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