Lega, siamo allo scontro finale

Matteo Salvini paragonato a Bud Spencer, buono per le risse, ma incapace di essere interprete di film di qualità: probabilmente, è stata questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il leader del Carroccio ha letto le note di agenzie – che  riportavano le dichiarazioni del ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, rilasciate a Bruno Vespa, per il suo ultimo libro (il titolo è tutto un programma: “Perché Mussolini rovinò l’Italia e come Draghi la sta risanando”) – e non ce l’ha fatta: “Ora basta, così non si può andare avanti. Riuniamo il partito e vediamo chi resta in piedi”.

Siamo allo scontro finale, dunque, tra le due anime della Lega: quella europeista e filo-Draghi di Giorgetti e quella di Salvini, su posizioni meno prone a questo Governo, di cui pure la Lega fa parte, e molto più critiche verso l’Europa delle banche e della finanza.

Salvini, infuriato, senza parlare personalmente, ha anche organizzato la replica a Giorgetti, affidandola a interviste dei suoi fedelissimi, Borghi su tutti, che ha detto chiaramente: “Io sto con Bud Spencer”. Ovviamente, Giorgetti ha subito smentito qualsiasi intento provocatorio, aggiungendo che le frasi riportate, estrapolate dal contesto del libro, non hanno senso, né valore.

Eppure, la spinta di Giorgetti per Draghi al Quirinale (“Potrebbe guidare il convoglio anche dal Colle, con un semipresidenzialismo de facto”), unita alle critiche a Salvini, che secondo Giorgetti dovrebbe abbandonare le destre europee, per aderire al Partito Popolare Europeo, ha avuto un effetto devastante e le conseguenze saranno visibili nelle prossime settimane.

Certo è che, adesso, Salvini non è più disposto a subire in silenzio. Il problema, però, è che, all’interno del Carroccio, sono in molti, ormai, a ritenerlo inadeguato, per proseguire la corsa verso il voto del 2023. E così, a parte qualche pasdaran alla Borghi, in pochi sembrano disposti a sostenerlo  davvero nella lotta contro Giorgetti. Oggi, infatti, i grandi elettori della Lega (gli industriali del Nord Est) vogliono che il  Carroccio resti saldamente ancorato al Governo, senza i “se” e i “ma” di Salvini. Giorgetti, da subito, si è fatto interprete di questa volontà, sostenendo Draghi e adesso sponsorizzandolo addirittura per la Presidenza della Repubblica, ma con poteri che arrivino fino alla guida del Governo. Qualcosa che in Costituzione non c’è, ma, come abbiamo visto col Covid e col Green Pass, la Carta Costituzionale, di questi tempi, è un testo caduto nel dimenticatoio.

Gli scenari che si vanno disegnando, dunque, non appaiono i migliori per Matteo Salvini: o scenderà a più miti consigli, vale a dire si avvicinerà alle posizioni del Partito Popolare Europeo, o all’interno della Lega potrebbe avere i giorni contati. In buona sostanza, Giorgetti gli ha fatto capire che, andando avanti così, Matteo morirà sull’altare di un sovranismo alla Meloni, che non è più di moda. E che, quindi, alla fine è meglio entrare nel Ppe e morire democristiani, governando ancora a lungo con Draghi, al servizio dei potentati economici e finanziari.

Lo scontro finale tra Salvini e il “suo” ministro ci darà una risposta definitiva sulla strada che intraprenderà la Lega e su chi la guiderà nei prossimi anni.

 


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