Riceviamo e pubblichiamo: Roma, la neve e l'amministrazione

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera da un nostro lettore anonimo.

 

Un lettore ci scrive:

Questo è il comunicato inviato, su WhatsApp agli impiegati di Roma Capitale -Città Metropolitana- il giorno 25.2.2018 alle ore 20,22 :

 

Con la presente si avvisano i dipendenti che, in previsione dell’ondata di maltempo e dell’allerta neve, il servizio navetta da e per la sede di Via Ribotta è sospeso per lunedì 26 fino a cessata emergenza.”

 

Io non ho letto il comunicato e mi sono recato alla fermata metro Palasport per prendere la navetta istituita dalla "provincia". Incontro un collega e mi fa presente che gli era arrivata la comunicazione che "il servizio navette" per via Ribotta, sede di Roma Città Metropolitana, era sospesa in previsione del maltempo. Quindi ligio al mio dovere di impiegato, come ho sempre  fatto, mi incammino a piedi fino alla sede di Via Ribotta e li finisco di incazzarmi: vedo tutte le navette ferme logicamente senza catene e nemmeno un autista si vedeva nei paraggi. Circa 45 minuti ho dovuto percorrere per arrivare in ufficio mentre nevicava e faceva freddo e non passava neanche l'autobus 788 in alternativa alla navetta. Non ci sono parole, anche nel vedere che l'edificio era vuoto e non c'erano i miei colleghi: evidentemente è una prassi consolidata Ma i signori politici che ci amministrano come giustificano l'assenza dal lavoro del 26?

Un cittadino lavoratore super incazzato


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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