Mario Draghi: sempre, ovunque e comunque Mario Draghi

Ormai è una specie di coro: grazie SuperMario, per i soldi del Recovery Fund; grazie SuperMario, per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che l’Unione Europea ci ha fatto passare liscio, soltanto grazie a Te; grazie SuperMario, per averci tolto la museruola, restituendoci la libertà di passeggiare respirando. Nel nostro Paese, da qualche mese a questa parte, è esplosa la “Draghimania”, che ha colpito non solo tutto il mondo politico, ma anche tv, radio e carta stampata, con l’eccezione di Travaglio e dei suoi accoliti, in lutto per la prematura scomparsa del Governo Conte bis, quello che aveva ridotto sul lastrico intere categorie produttive. Del resto, proprio grazie a tal predecessore, per Draghi è stato facile apparire come un gigante.

Diciamo subito, a scanso di equivoci, che Draghi non è Conte: l’ex governatore della Banca d’Italia ed ex presidente della Banca Centrale Europea è persona competente e preparata e di economia sa come pochi. Di qui a dire che, senza di lui, il Paese andrebbe a rotoli c’è, però, una grande differenza. Eppure i giornaloni, insieme a radio e tv di regime, ci spiegano ogni giorno quanto sia importante avere un uomo come Mario Draghi alla guida del Governo. Con lui, il futuro è roseo, la ripresa, dopo la drammatica pandemia e la crisi economica che ne è conseguita, è certa e, perché no, anche il Covid la smetterà di rompere le scatole, una volta per tutte.

Purtroppo, le cose non stanno così. Draghi, infatti, al di là delle sue indiscutibili capacità professionali, ha già fatto vedere che abiti veste in qualità di presidente del Consiglio: oggi, come ieri, è e resta uomo delle banche e dei potentati economico-finanziari internazionali. E’ forte con i deboli e debole con i forti, come testimoniano i suoi provvedimenti. E’ vero, la parte del cattivo non la recita lui, ma il “suo” ministro dell’Economia, Franco. La sostanza, però, non cambia: dopo la pausa Covid, infatti, a breve riprenderà ad agire la macchina infernale di Agenzia Entrate Riscossione (la ex Equitalia) e lo farà con una durezza senza precedenti, mentre i pignoramenti sono già esecutivi, senza alcun riguardo per i tantissimi italiani, che sono stati letteralmente massacrati dal blocco delle attività.

Dobbiamo prepararci, insomma, a un autunno, stavolta sì, caldissimo, soprattutto per chi già versa in difficoltà. Ma non ci sono i soldi del Recovery, obietterà qualcuno? Certo, ma, statene certi, gran parte di quei fondi andrà agli amici, agli amici degli amici e alle “solite” imprese. Saranno loro a ricostruire l’Italia del dopo Covid. O, almeno, questo ci racconteranno giornali e tv di regime. Mentre, tanto per cambiare, l’unica vera ripresa, se mai c’era stato uno stop, sarà quella dei conti correnti dei “padroni del vapore”, ossia i mandanti di SuperMario. I poveri saranno sempre più poveri e più tartassati; loro, grazie al miracoloso Draghi, sempre più ricchi e potenti.


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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