L’Altissimo e i lacchè di regime

All’indomani dell’intervento del premier Mario Draghi alla Camera, per spiegare il Piano di Ripresa e di Resilienza Nazionale (ma un nome più semplice proprio no?), i lacchè di regime, travestiti da giornalisti, si sono letteralmente scatenati, in una sfida senza esclusione di colpi, per dimostrare tutto il loro entusiasmo per il padrone di turno. E, poiché stavolta il padrone è un potente vero, hanno fatto tutto il possibile, proprio tutto, per compiacerlo.

Così, sui giornali di martedì 27 sono stati sprecati fiumi di inchiostro, citando il presidente del Consiglio e i suoi richiami all’importanza del Piano, alla necessità di non sprecare l’occasione rappresentata dagli oltre 200 miliardi che arriveranno (arriveranno?) dall’Europa. Cose ovvie: dopo oltre un anno di economia bloccata da assurde chiusure, chi può pensare che ci si possano permettere ritardi o errori o, peggio, che qualcuno voglia buttar via quattrini? Piuttosto, se chi si firma con nome e cognome sui giornali non lo facesse per mostrare la lingua, ma nell’interesse del lettore, dovrebbe chiedere a Draghi e al Governo perché continuano con tante chiusure e con queste ridicole mezze aperture.

Abbiamo letto, infatti, nelle scorse settimane, che dal 26 aprile saremmo tornati alla normalità, grazie all’Italia quasi tutta in zona gialla. In realtà, di normale c’è ancora molto poco, se addirittura non possiamo consumare un caffè al bar o mangiare un piatto di pasta in un ristorante che non abbia i tavoli all’aperto. Cose assurde, delle quali bravi giornalisti dovrebbero chiedere conto al premier durante le conferenze stampa a Palazzo Chigi.

Invece, niente. Draghi è l’Altissimo, colui che ha il Verbo, guai a metterlo in discussione, guai a fargli domande irreverenti. Giù botte, quello sì, a Salvini, che appoggia l’esecutivo e si permette di definire assurda la chiusura dei ristoranti (all’aperto) alle 22, chiedendo una proroga alle 23. Ma, insomma, Draghi ha già concesso le riaperture, che altro vuole quel barbaro di leghista?

Tutto questo, ovviamente, trova una sponda in Enrico Letta, l’uomo tornato da Parigi, per fare in Italia gli interessi francesi, d’intesa con Draghi. Di questo dovrebbero occuparsi editorialisti e cronisti. Ma loro preferiscono vivisezionare il discorso di Draghi sul Recovery Plan, per esaltarlo. Come ha fatto di prima mattina l’inviata di una “libera” tv commerciale, che ha definito molto “alto” l’intervento del premier a Montecitorio.

Del resto, Draghi ci ha parlato di tutto e di più, a partire dalla Giustizia che va riformata. Non ci ha detto come intende farlo, ma questo è un dettaglio. E ha sottolineato che nessuno deve perseguire interessi di parte, soltanto quelli del Paese. Omettendo di dire che qualcuno se ne frega dell’Italia, a partire dal suo amico Enrico Letta, chiaramente al servizio dell’Eliseo.

Il panorama, insomma, è chiaro. Da qui al 2022, Mario Draghi avrà tutto il tempo per preparare, senza ostacoli, la sua corsa al Quirinale. E, se invece sarà confermato Mattarella, Draghi potrà puntare, con l’appoggio di tutti i potentati (economici, finanziari, mediatici), a essere confermato a Palazzo Chigi, anche dopo le elezioni del 2023.

Voci fuori dal coro ce ne sono davvero poche, pochissime. E non sono quelle di tenori di livello. Per il migliore, anzi per l’Altissimo, la strada è tutta in discesa. E ai lati ci sono tanti lacchè, che lo accompagneranno fino al traguardo.


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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