Il prossimo “vaffa” sarà tutto per i 5Stelle

Eccoli qua i signori del “Vaffa”, quelli che volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, abolire le auto blu, abbassare gli stipendi dei deputati e chi più ne ha più ne metta. Nel corso dell’ultima legislatura, dopo aver ottenuto la maggioranza relativa alle elezioni del 2018, i 5Stelle hanno dimostrato di che pasta sono fatti davvero, di quanto fossero incrollabili i loro principi e i loro valori.

Il “mai alleati con nessuno, al governo andremo solo se avremo la maggioranza assoluta” si è presto trasformato in un opportunistico “al governo con chiunque, pur di non mollare la poltrona”: dopo aver dato vita a un esecutivo gialloverde con Salvini, infatti, i Cinque Stelle si sono alleati con Pd, Italia Viva e Leu, per far nascere il giallorosso Conte-Bis. Poi, affondato definitivamente Conte, si sono detti subito disponibili a un governo a guida Draghi, sì proprio il banchiere che, appena tre anni fa, era indicato come il male assoluto. E, pur di restare nei Palazzi che contano, i grillini hanno accettato anche di sedersi in Consiglio dei ministri con gli uomini di Berlusconi, altro nemico di una vita.

Nel frattempo, alcuni loro deputati e senatori, sono finiti sui giornali per non aver pagato al Movimento le quote previste per i parlamentari (una parte del lauto stipendio elargito da tutti noi semplici cittadini), meritandosi l’espulsione. Stessa sorte che è toccata, di recente, a chi, in disaccordo con gli ordini di Grillo e Casaleggio, non ha votato la fiducia a Draghi.

Finalmente c’è ancora chi rispetta le idee che hanno portato alla vittoria del Movimento nel 2018? Macché, anche le scelte di questi presunti duri e puri sono motivate dall’opportunismo: qualcuno ha detto “no” a Draghi, con l’obiettivo di rafforzare la linea di Di Battista, contrario al governo del banchiere; qualcun altro lo ha fatto per gettare un po’ di fumo negli occhi all’elettorato. Ma il fumo si è ben presto diradato e la verità è apparsa chiara a tutti.

Il professor Nicola Morra, ad esempio, ha votato contro la fiducia a Draghi. Un atto di grande coerenza, se Morra, una volta espulso dal Movimento, non fosse approdato al Gruppo Misto, conservando quei benefit che, quando fu eletto, diceva di voler abolire: auto blu e scorta, in qualità di presidente della Commissione bicamerale Antimafia. Ma l’incarico, si potrebbe obiettare, prevede la scorta obbligatoria. E il punto è proprio questo: Morra, una volta cacciato dai 5Stelle, si doveva dimettere immediatamente da presidente della Commissione Antimafia. Questa sarebbe stata coerenza. Ovviamente non lo ha fatto, proprio per mantenere auto blu e scorta.

Così, a un paio di mesi dagli insulti gratuiti alla defunta Jole Santelli (per i quali si è beccato la querela delle sorelle Santelli), Morra è nuovamente balzato all’onore (si fa per dire) delle cronache, per una “prodezza”, realizzata proprio insieme ai suoi guardiani e all’auto blu. Un bel sabato di marzo, infatti, il prode senatore ha pensato bene di usare il macchinone con autista, per andare a offendere e minacciare un po’ di medici dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, sua città di residenza, facendoli peraltro identificare dalle sue guardie del corpo. Un misto di arroganza e stupidità, grazie al quale ha ottenuto la condanna di buona parte del mondo politico, insieme alla nuova richiesta di dimissioni dalla presidenza dell’Antimafia. Ma lui da quell’orecchio proprio non ci sente: i suoi incrollabili principi non gli consentono di rinunciare ad auto di servizio e scorta.

L’ennesima vergogna a 5Stelle, insomma, che fa il paio con gli scandali che si registrano quotidianamente in Campidoglio, dove la sindaca Virginia Raggi è arrivata a nominare assessore una sua ex compagna di classe, la quale, a sua volta, ha cercato di assumere come capo segreteria il suo amico (o marito virtuale o non si sa bene cosa). Il tutto, mentre l’assessore al Bilancio del Comune di Roma, il livornese Lemmetti, quello che si presenta nelle sedi istituzionali con felpa, maglietta e capelli lunghi bisunti, ha provato a infilare la sua compagna in un altro assessorato, venendo respinto con perdite dalla stessa Raggi.

Insomma, il prossimo “vaffa” sarà tutto per loro, per questi sciacalli, questi pirati grillini, che, dopo aver urlato per anni contro l’intera classe politica, una volta chiamati a governare hanno letteralmente depredato, con arroganza e disinvoltura, Ministeri, Comuni e tutto ciò che hanno avuto sotto mano. Il cambiamento, insomma, è stato solo di tasca.


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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