Transizione alla tirannia digitale

Quando anni fa qualcuno osava affermare che il digitale avrebbe preso il posto della vita reale, che le tecnologie informatiche sarebbero divenute strumenti di controllo e gestione della vita di massa, che il rischio di lasciare in mano a pochi signori dell’hi-tech avrebbe voluto dire potere e dominio, questo qualcuno veniva preso per pazzo ed accusato di complottismo. Oggi, invece, tutto questo è realtà.

Ciechi e sordi sono coloro che uccidono i profeti, destinati a morire della loro ignoranza in un eterno ritorno di infelicità. La vera pandemia nella postmodernità che si appresta a compiere gli ultimi passi rimasti per approdare al transumanesimo integrale è l’infodemia, una epidemia di informazioni eterodirette e tracciate con precisione su copioni già scritti da tempo da coloro che il compianto Giulietto Chiesa chiamava “i padroni del mondo”, parafrasando Robert Hugh Benson. Se prima si trattava solo di qualche sporadica apparizione di personaggi come Bill Gates allo show Ted, o di un George Soros in conferenza al World Economic Forum, i quali ci annunciavano il desiderio di procedere alla riduzione della popolazione mondiale con qualche malattia e vaccino annesso, o dare una svolta green ai sistemi del turbocapitalismo sempre più ridotti a poche major internazionali dal potere economico incalcolabile, sostituire i governi nazionali con un unico sistema governativo privato, o l’ibridazione uomo-macchina a suon di esperimenti neuroscientifici, nessuno osava lamentarsi più di tanto perché sembravano folli elucubrazioni di qualche miliardario. Adesso ci troviamo tutte queste cose addirittura con dei ministeri dedicati dal Governo (Transizione Ecologica e Transizione Digitale), pronti ad attuare l’Agenda 2030 dell’ONU già ratificata dalla Unione Europea e dal neofita Governo Draghi.

Inevitabile, dunque, il passaggio verso le nuove catene virtuali, che a dire il vero molto hanno di reale. Senza l’adeguamento al nuovo paradigma tecnologico, infatti, già ci viene annunciato dai rotocalchi e dalle televisioni che non sarà possibile svolgere la vita quotidiana con serenità, pena l’impossibilità di acquistare i beni necessari o di accedere ai locali; similmente, senza il richiesto protocollo sanitario, imposto con il gigantesco esperimento – perfettamente riuscito – del Cov*** sarà addirittura impossibile lavorare o spostarsi; poco manca al riproponimento, già nei programmi di Governo, di innesti tecnologici sul corpo per “facilitare”, dicono, la vita quotidiana ed essere ancora meglio controllati. Senza sosta veniamo bombardati su ogni fronte da informazioni a riguardo: programmi e serie tv annunciano una nuova normalità ove la nuova religione della Tecnica e della Scienza declina i suoi sacramenti tramite i sacerdoti del terzo millennio e gli accoliti esperti della comunicazione; la musica si evolve nella direzione di una ricerca neurocimatica trionfo della riprogrammazione cognitiva; l’arte figurativa ha bandito per sempre la Bellezza dai suoi schemi ed offre feticci che celebrano la morta e la fluidità disciolta; persino la vita sociale, fondamento dell’essere umano, è stata privata di quel contatto essenziale ed irrinunciabile con l’altro e con il volto.

Terrore, paura, sottomissione. L’obbedienza indiscriminata è l’unica virtù promossa, la delazione verso il vicino lo strumento per conquistarla. Guai a chiunque osi dire una sola parola diversa da quella proclamata dei detentori assoluti della nuova dogmatica verità, pena la censura e l’ostracismo, o peggio ancora la caccia alle streghe per poi finire sul rogo mediatico. La democrazia liberale ha raggiunto il suo apice, la negazione stessa della libertà in nome della propria libertà. Ci hanno persino convinti che sia meglio essere rinchiusi agli arresti domiciliari sospendendo i diritti fondamentali ed universali della persona per la paura di morire, scegliendo così di non vivere. Continuiamo a dare potere ai nostri aguzzini sottomettendoci ad essi ed obbedendo ai loro capricci, fra un dpcm e l’altro, assopiti come siamo dal democratismo colorato e convinti che #andràtuttobene, e non ci rendiamo conto che il potere è nostro, siamo noi a decidere di lasciarli sui loro troni oppure deporli e condannarli come meritano. Questa è una tirannia, e ciò che stiamo vivendo sono gli ultimi passi di transizione ad essa. Non serve nemmeno più fare ragionamenti e ricerche circa complotti mondialisti, perché l’evidenza dei fatti parla da sola e supera ogni immaginabile distopia.

Nell’anno 1 d.c. (dopo Cov***), la nuova era è cominciata. Il Great Reset è in atto e non aspetta certo noi. Il punto è: chi avrà il coraggio di ribellarsi e combattere? A quei pochi eletti, giunga questo messaggio: non siamo soli!


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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