Il giorno del ricordo

L’amore per la propria terra deve essere bandito. I morti italiani devono essere dimenticati. Nessun eccidio di Italiani è stato mai compiuto.

Una coscienza sporca, fatta di connivenza con i criminali di guerra di parte vincente, ha tentato inutilmente di sopprimere una tragica realtà perpetrata ai danni di cittadini inermi in un modo orribile, disgustoso.

Uno vergognosa pagina della storia dell’umanità, durata dal 1943 al 1947, che andrebbe condannata con fermezza e di cui non si poteva parlare perché andava ignorata: in fondo era fatta ai danni di sconfitti, scusate il lapsus, di vincitori che non potevano accusare gli alleati di crimini… E poi quanti partigiani non titini ma italiani hanno partecipato allo scempio delle foibe, vuoi come esecutori, vuoi come denuncianti? Sono verità che non possono essere esplorate.

Le foibe, cavità carsiche di profondità variabile dove venivano gettati uomini, donne bambini, militari, civili, preti, partigiani non comunisti, rei solo di essere Italiani. Legati l’uno all’altro con fil di ferro venivano buttati giù; i primi, i più fortunati venivano uccisi a colpi di arma da fuoco, gli altri venivano trascinati vivi nel baratro dal peso dei primi. Chi non aveva la buona sorte di morire subito a causa della caduta, soffriva pene e dolori indicibili per giorni interi fino alla morte o perché soffocati dal peso dei corpi di coloro che cadevano sopra o perché dilaniati  dai dolori della fratture e dai morsi del freddo e della fame.

Quante scuole italiane portano i ragazzi a vedere le foibe di Basovizza, di Opicina, di Podgomila… Decine in territorio italiano, molte di più in Istria e nelle provincie di Fiume e di Pola. Ma un censimento vero e completo delle foibe, con morti Italiani, ancora non esiste nonostante nel 2004, con oltre 60 anni di ritardo, lo Stato italiano, pur tra numerosi distinguo ed inaccettabili giustificazioni, ha finalmente riconosciuto l’esistenza delle foibe ed ha fissato il 10 febbraio di ogni anno come data per ricordare la strage delle migliaia di Italiani innocenti infoibati e l’esodo forzato degli oltre 270.000 italiani dalle terre di Istria e Dalmazia.

Una storia ancora tutta da scrivere e da studiare nelle scuole in modo approfondito per ricreare il cemento della comunità nazionale soprattutto ora che puntiamo all’unità delle nazioni europee. Sono pagine dolorose, ma sono ferite che vanno riaperte se vogliamo onorare questi morti e se vogliamo condannare alla “damnatio memoriae” gli atroci macellai di questo massacro.

A ormai 75 anni da quei tragici eventi non sappiamo quante sono le foibe utilizzate, quanti sono gli infoibati. Solo una minima parte è stata estratta dalla loro fossa comune. Alcune non si possono aprire perché sopra quei martiri hanno costruito anche delle discoteche. Perché il silenzio per lunghi anni? Perché l’omertà? Perché i profughi furono accolti con ostilità dagli Italiani? Quali menzogne furono raccontate? Chi furono gli autori e i diffusori di quelle menzogne? Ecco questi traditori degli Italiani vanno scovati e vanno additati . Questi sì vanno eliminati almeno dalla toponomastica delle nostre città.

                                                                                                                


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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