La Boschi, i video e gli affari di famiglia

Patetica. Nulla di più, nulla di meno. Maria Elena Boschi – con il video indirizzato al papà di Luigi Di Maio (accusato di varie irregolarità nella conduzione della sua azienda, lavoro nero in primis), nel quale augura all’illustre genitore di non provare ciò che ha provato la sua famiglia, secondo lei infangata da Di Maio junior e colleghi per la vicenda di Banca Etruria – conferma tutte le sue doti di attrice di scarso livello, ma anche la sua totale incapacità di comprendere la politica e, soprattutto, la differenza tra le due vicende.

A suo tempo, come tutti ricorderanno, non solo Di Maio, ma buona parte del Parlamento si scagliò contro Renzi, Boschi e compagnia, per aver salvato Banca Etruria, che era affondata non per cause divine, ma per una gestione folle, che garantiva prestiti e scoperti agli amici e agli amici degli amici, pur senza le adeguate garanzie. E papà Boschi, vicepresidente dell’Istituto, non era un osservatore, ma uno degli attori principali di questa conduzione, che è difficile chiamare manageriale. Gli attacchi a Renzi e Boschi furono politici, perché, anziché guardare ai correntisti di Banca Etruria, trovarono una via d’uscita per chi era stato artefice di quella tragica stagione, che aveva portato la banca toscana al default.

Non solo: qualsiasi politico dotato di un minimo senso delle istituzioni si sarebbe dimesso dall’incarico di ministro, se avesse avuto il papà coinvolto in una situazione tale da dover costringere il governo a intervenire, per lanciare un’ancora di salvataggio miliardaria. La Boschi, invece, pensò bene di rimanere al suo posto. E questa, probabilmente, fu una delle cause del tracollo patito, poi, da Renzi e dal Pd in sede elettorale.

Adesso, la Boschi torna alla carica, con una recita mediocre, senza comprendere che le vicende dei due papà sono molto diverse tra loro. Nessuno, infatti, andrà in soccorso di Antonio Di Maio: se ha sbagliato, come dicono, pagherà. Se ha fatto le cose secondo le regole, continuerà a lavorare con la sua azienda, senza nessun problema. Ma non ci sarà alcun soccorso dalle istituzioni.

Ecco, Maria Elena Boschi, nel video, dice anche che continuerà a fare politica per la sua nipotina, affinché possa dimostrare che la sua è una famiglia perbene. Forse, per fare un favore alla sua nipotina, farebbe meglio a ritirarsi dalla politica. Quantomeno sarebbe più dignitoso. Se la Boschi tornerà subito a fare l’avvocato, infatti, la sua nipotina, quando sarà grande, probabilmente non saprà neanche che la zia, un tempo, era in politica. E non le chiederà per quali magiche doti la signorina Boschi, a poco più di trent’anni, si sia ritrovata prima ministro della Repubblica italiana e, poi, addirittura sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Meglio finirla qui e stendere, come si dice, un velo pietoso sulla bruciante carriera di M.E.B.


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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