Europa

Europa, tra paradossi e banche sempre più lontana da tutti noi

Quale ruolo avranno i grandi fondi d’investimento e le lobby trasversali nella politica europea.

L’Europa dovrebbe uscire dalla vita dei suoi cittadini?

Possibile che debba avere voce in capitolo su come coltivare i nostri campi, su come produrre i nostri vini e i nostri formaggi, su cosa pescare nei nostri mari e su come educare i nostri bambini?

Possibile che questa Europa vieti gli aiuti di Stato e poi imponga allo stesso Stato di governare le conseguenze, che la paghi l’Europa la cassa integrazione ai nostri operai, quando, causa il mancato aiuto di Stato, le fabbriche chiudono.

L’Europa, invece che un’unione di Stati con fini comuni e condivisi, sta diventando oggi più che mai un’aggregazione finanziaria, grazie alla quale alcuni Paesi economicamente più forti come la Germania e la Francia traggono beneficio economico da un mercato protetto, sfruttando gli strumenti delle quote e dei divieti per sopravanzare le economie di tutti gli altri Paesi.

L’Europa decide su tutto, ma sulle questioni importanti come il problema immigrazione non riesce mai a mettersi d’accordo.
Questo soggetto politico e istituzionale che permea con le sue decisioni sulla la vita di tutti sta fallendo su tutta la linea.
Siamo sicuri che l’Europa non ci costi direttamente e indirettamente più di quanto ci dia?
C’è ancora realmente motivo, viste le enormi disparità di trattamento tra Paesi membri, di perseguire un ideale comune?

L’aspetto economico-finanziario ha prevalso su quello politico, questa è la triste realtà di cui tutti noi cittadini dell’unione dobbiamo renderci tristamente conto. E allora ecco i grandi fondi d’ investimento a farla da padrone anche in Italia ritagliandosi un ruolo importante nel reperimento dei fondi per la prossima campagna elettorale.
L’ennesima dimostrazione è in corso proprio in questi giorni. L’“eminenza grigia” di Renzi, ovvero Marco Carrai, si sta dannando l’anima per portare in Italia alcuni fondi di Wadi Ventures, il cui quartier generale è a Tel Aviv.

Carrai è da tempo molto vicino a Wadi Ventures, i cui due fondatori sono Jonathan Pacifici e Reuven Ulmansky. Tra i partner, però, c’è anche Marco Bernabè, figlio di quel Franco Bernabè già socio in alcune iniziative dello stesso Carrai. A quanto sembra l’“eminenza grigia” renziana si sta muovendo tra le principali società di gestione del risparmio italiane attive nel venture capital per convincerle a prendere sotto il loro cappello alcuni fondi di Wadi Ventures.

Questi appoggi indiretti hanno tristemente sempre di più un’influenza enorme nel panorama politico europeo legittimando o screditando le cariche di Governo nazionali anche e soprattutto in una classe politica traballante come quella italiana.

Dimostrazione palese è che la burocrazia di Bruxelles grazie all‘incesto tra fondi di investimento e lobby trasversali abbia talvolta imposto norme assurde e, soprattutto, che lobby nazionali o di settore abbiano ottenuto l’emanazione di regolamenti a favore loro e a sfavore della concorrenza appoggiate incondizionatamente dai Governi nazionali in carica.


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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