Ancora una volta a Reggio la vecchia retorica sindacale per il Sud

Il 22 giugno scorso la “triplice” sindacale, guidata dai tre segretari generali Landini, Furlan e Barbagallo, hanno organizzato un corteo a Reggio Calabria per “protesta” contro l’abbandono del Sud da parte del governo in carica. Alla manifestazione, per aderenza politica, hanno partecipato anche il segretario del Partito Democratico Zingaretti e il presidente della Regione Calabria, Oliviero, reduce quest’ultimo da alcune brutte vicende giudiziarie che l’avevano coinvolto. Ovviamente, come ammesso dagli stessi organizzatori, alla manifestazione erano presenti i loro aderenti provenienti da altre province calabresi e meridionali, perché la presenza dei soli reggini non sarebbe bastata a riempire la piazza del Duomo dove si è svolto il comizio finale: e questo perché gli abitanti di Reggio ricordano ancora, non certo con piacere, analoghe manifestazioni ostili svoltesi nei giorni della rivolta popolare nel 1970-1973.

Ma, a parte questa rievocazione storica, occorre sottolineare che nelle tesi sostenute dagli organizzatori non si sa se prevalga la banalità, la ripetitività, l’omertà.

Infatti, sono decenni che ogni tanto la “triplice” sindacale si ricorda del Sud e organizza qualche convegno, manifestazione, sciopero esponendone i punti di criticità nello sviluppo economico e occupazionale, e ripetendo che ad esso servono “un piano straordinario d’investimenti”.

Bene, d’accordo. Ma allora dobbiamo chiedere a Landini e compagni: li chiediamo all’Unione Europea, i fondi per gli investimenti “straordinari”? Oppure essi ci consentono di utilizzarli ma tagliando (come stanno suggerendo queste settimane) le spese per le pensioni, la sanità, la disoccupazione, le invalidità? E poi: si è mai opposta la “triplice” alle delocalizzazioni delle imprese per effetto della globalizzazione neoliberista sostenendo quella “sovranità nazionale” che tutela, insieme con le imprese, anche i lavoratori? Perché l’Unione Europea non lo permette consentendo che ci sia – tra i suoi Paesi membri – una concorrenza basata solo sul basso costo del lavoro e sul “dumping” sociale. Dovrebbe chiedere al suo compagno di corteo Zingaretti quali iniziative in merito assumeranno i suoi parlamentari europei…

Ma, poi, è ormai mezzo secolo che, da quando sono state istituite le Regioni, che il Sud sta lentamente degradandosi. Sono però gli stessi anni in cui – salvo intervalli al massimo di 10-12 anni – che i governatori di quelle Regioni appartengono tutti al centro-sinistra, con cui la “triplice” è da sempre in buoni rapporti: chiediamo allora quale impulso abbiano dato quei governi alle regioni da loro amministrate, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture, lo sviluppo del turismo “attrezzato”, la tutela delle produzioni agricole nazionali, il potenziamento tecnico e commerciale dei porti, e potremmo continuare.

In realtà, questo della manifestazione sindacale è uno stanco rituale che si ripete soprattutto per dare segni di esistenza in vita di un apparato chiuso in sé stesso, privo di visione strategica (o timoroso di averla) sullo sviluppo produttivo nazionale e locale, smosso soprattutto da Landini per cercare di farsi prendere in considerazione dal governo. Cosa che Salvini ha furbescamente compreso, invitando al Viminale (dove, ai tempi del Duce, c’era la sede del governo…) i dirigenti sindacali della “triplice” per un confronto.

Quello che sfugge - o si teme di esporre – alla “triplice”, dove ci sono anche persone intelligenti e informate dai libri che escono a getto continuo sul “tradimento dei chierici” della sinistra politica e sociale nei confronti del popolo italiano, è proprio l’aspetto della sovranità nazionale. Ossia, la necessità che l’Italia si dia – o riprenda – un obiettivo di proiezione e influenza esterna soprattutto nell’area mediterranea, cosa che avvantaggerebbe in particolare il Mezzogiorno. Rapporti con il Medio Oriente, con l’Egitto, con la Libia, con l’Iran: ma la “triplice”, prigioniera del “politicamente corretto” e dei legami d’affari che ha con la sinistra europeista e mondialista (pensiamo solo alla rete dei CAF, degli Enti bilaterali, dei Corsi di formazione, dei Patronati, dell’Assistenza agli immigrati, delle Cooperative di lavoro spesso finanziati proprio dalle Regioni)  ha applaudito alla guerra alla Libia e all’assassinio di Gheddafi e alle sommosse organizzate contro Assad in Siria, ha attaccato l’Egitto di Al-Sisi per il caso Regeni, ha ostacolato (se vogliamo parlare di “investimenti straordinari”) il ponte sullo Stretto, ha sostenuto il Kossovo contro la Serbia e le sanzioni alla Russia contro Putin.

Insomma, in politica estera ha sempre operato contro i reali interessi dell’Italia. E come può svilupparsi il Mezzogiorno senza la presenza attiva nel Mediterraneo, che è dettata da secoli dalla geopolitica?

Insomma, il discorso sul sottosviluppo del Mezzogiorno va fatto. Però non occasionalmente contro un governo antipatico ma in modo approfondito, coerente, permanente che metta sotto accusa tutti: i governi certamente, ma anche le Regioni e l’Unione Europea e – inutile sottacerlo - una certa passività delle popolazioni locali “drogate” per quanto concerne i lavoratori prima dalle pensioni d’invalidità facili e adesso dal reddito di cittadinanza, per quanto concerne gli imprenditori dai contributi a fondo perduto e dalle agevolazioni fiscali sempre mal investiti o addirittura frodati.

Ecco, questo ci si aspetterebbe da un sindacato ricco di mezzi e di uomini: ma la cecità politica e ideologica lo sta paralizzando, cosa che però hanno ben capito i loro iscritti che votano, in maggioranza, per i “sovranisti” e i “populisti”.


Editoriale

 

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