A volte e di questi tempi vale davvero la pena

   A volte, e di questi tempi vale davvero la pena, occorre abbandonare le amare e desolanti vicende pubbliche quotidiane e dedicarsi a letture ricche e cariche di senno e di esperienza.

   Confesso di non avere mai nutrito soverchia simpatia e accentuata considerazione per Susanna Tamaro, ma un suo “intervento” giornalistico di alcuni giorni orsono, intitolato “I ragazzi selvaggi e il tramonto dell’educazione”, merita riguardo, anche se uno dei modelli presentati (don Lorenzo Milani) appare un lontano progenitore o per dirla più francamente uno dei responsabili della situazione esplosa in questi mesi ma con una incubazione, iniziata da decenni con la “lezione” del sacerdote di Barbiana.

   La scrittrice, analizzando un volume sulla crisi del mondo giovanile, apparso nel 2016, si interroga sulle “realtà educative” presenti nella collettività, “abolito il ruolo educativo della scuola – ridotta nel migliore dei casi a luogo dove si apprendono tecniche – cancellata la stabilità e l’autorevolezza del nucleo familiare, scomparsi storicamente i partiti, eclissata la chiesa”. La risposta è centrata se si riconosce il carattere superficiale ed irriflessivo di un’analisi svolta sui risultati del 4 marzo, da realizzare invece con le indispensabili e accurate riflessioni.

   La Tamaro individua “soltanto il narcisismo anarchico della rete che esalta sopra ogni cosa la felicità individuale, creando una monocultura della mente e una totale anestesia del cuore”. Come non ritrovarsi nel bilancio, in cui condivide la posizione di una giornalista tedesca, capace, dopo una sola esperienza, di sfuggire alla “crudele banalità della maggioranza?”.

   In un periodico “cattolico antimodernista” un pensatore, che si firma “Anonimo pontino”, nella nota “Riflessioni sull’”idolatria del migrante””, ha espresso orientamenti che negli ambienti di destra dovrebbero risuonare e offrire spunti ideali sostanziali, preziosi di fronte alla confusione dilagante. Uno getta uno sguardo sull’impostazione di fondo, purtroppo condizionante: “L’economia attuale, totalmente svincolata da ogni norma di etica cristiana, obbedisce ai dogmi del liberismo totale sintetizzati da Milton Friedman ”Massimizzare il valore per gli azionisti è la sola responsabilità di un’azienda””.

   E a proposito del parallelo inevitabile ma scomodo tra comunismo e liberismo, ricorda che come il primo “aveva realizzato “un capitalismo di stato” in cui tutto il patrimonio era gestito dal Partito Comunista, così nel “capitalismo globalista” di oggi poche persone, che si nascondono dietro i fantasmi giuridici delle società per azioni, controllano tutte le ricchezze e le risorse nel loro esclusivo interesse”.


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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