Storia Natura Dio

Tutta la conoscenza nella quale l’uomo impiega le sue energie e nella quale ritiene di cercare e trovare la verità non è che un diversivo del male.

Secondo certa narrazione religiosa, ad un certo punto l’uomo si è separato dalla conoscenza. La sua arroganza lo ha fatto cedere alle lusinghe del male. Gli ha fatto credere di potere fare a meno del mistero che l’ha generato. Tutta la sua storia può stare entro un solo simbolo di quella narrazione, quello della Torre di Babele.

La medesima storia umana è contenuta e rappresentata da altri simboli e da altre narrazioni spirituali. Una di queste è il Tao. Il suo primo riferimento simbolico, un volume in cui la dualità della storia è infinita e ineludibile, è frattalicamente rappresentata dall’Yin e dallo Yang.

Si tratta di due tra le molte tradizioni dal carattere sostanzialmente univoco. Tutte rappresentano la gogna dell’esistenza terrestre e, contemporaneamente, esprimono la via per realizzare nella mondanità la migliore condizione di vita.

Una condizione a cui spesso crediamo di poter rinunciare in cambio di qualche vantaggio, rispetto al quale la vanità che ci domina non è che burro sotto una lama. Tuttavia, chiunque sottoscriverebbe di vivere nella bellezza il proprio istante di vita.

È da tale contraddizione che si può evincere che l’indicazione di tutte le tradizioni spirituali, che culminano sostanzialmente nell’amore, non è cosa solo per mistici e affabulatori, ma per tutti. Non l’amore passionale, che riferisce dell’interesse personale o che traveste quello biologico, ma quello incondizionato, che solo uno spirito colmo di serenità è in grado di emettere. Quello il cui sentimento di riferimento si compone di riconoscenza e beatitudine. Quello che permette di superare i dilemmi del mondo duale, del quale vede la verità dell’intero.

Involontaria azione, possibile soltanto dopo avere svestito la realtà dalle sue infinite forme e il tempo dal suo apparente avanzare. Cioè soltanto dopo avere visto in opera l’eterno ritorno dell’identico.

Osservando la banalità di queste considerazioni, oppure, più pomposamente, riconoscendo in esse il sottile, energetico del reale o il significato del simbolo e il suo potere, nonché la presenza dello spirito di Dio, si riconosce anche ciò che la vita offre all’uomo: la possibilità evolutiva. Nient’altro che un percorso durante il quale l’individuo prende coscienza della sua identificazione con la propria forma, il proprio ruolo, identità storica, sentimenti e da questi si emancipa, riconoscendo in quella concezione l’origine della sofferenza propria e altrui.

Tutto ciò pone al centro l’individuo. Ma non si tratta di un fatto in qualche modo antipolitico, anzi. Semplicemente, ritiene che la sola evoluzione non possa che avere carattere individuale, che l’esperienza non è trasmissibile – se lo fosse saremmo saggi da millenni –, che l’inconsapevolezza di tanta banalità conduce e alimenta le ideologie e, giocoforza, i dogmi. Dunque, nessuna separazione tra individuale e politico-sociale.

Riformulare quanto detto a propria misura, ovvero ricrearlo, è quindi necessario per l’evoluzione del mondo. Se il valore di quest’ultima considerazione non ha tempo, nella nostra epoca industriale, ed ora digitale, esso cresce enormemente ed esponenzialmente.

Le rispettive torri di Babele superano in arroganza tutte quelle delle precedenti epoche. In esse si osserva una radicale separazione dai cicli naturali e dalla saggezza ad essi legata. Si osserva la celebrazione in forma di virtù dei vizi capitali, ossia di ciò che, spiritualmente, rappresenta il più alto degrado e la maggior distanza dalla conoscenza. Rappresenta l’inidoneità a riconoscere che la conoscenza è già in noi.

I dati – chiamiamoli dati – che ci sono in una squama di pesce, sono più espressione di creazione e vita di quelli di un qualunque prodotto calcolato. Il campo d’azione di una squama è infinitamente più grande di quello di una merce replicabile. In esso si trovano la Natura e Dio. Ovvero, esattamente quanto è assente nella torre di Babele di ogni intento tecnologico di replicazione dell’uomo. A sua volta, esattamente l’abisso nel quale stiamo precipitando.

Così, come la natura faceva crescere nella consapevolezza di un imprescindibile e immanente legame con essa, le attività degli uomini, da essa slegate, spaccano la nostra capacità di concepire quanto tutta la conoscenza cognitiva, nella quale crediamo di trovare la verità – quel luogo in cui riponiamo la spiegazione del mondo –, non sia di fatto nient’altro che l’attestazione del dominio dell’esatto contrario dell’amore. Dicasi anche equilibrio, forza, invulnerabilità, bellezza, armonia, serenità, creatività, soddisfazione, scoperta e realizzazione di sé. Oppure, per opposto, alienazione, umiliazione, mortificazione, ripetizione, nichilismo. Vuoto.

 

Immagine: https://www.tumblr.com/


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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