Glossa contro l’escatologia politica – parte II

Di Lorenzo Centini


Esposta in sintesi il ritorno del linguaggio escatologico obbedisce a tre pulsioni che si sono manifestate come tante risposte a tanti cortocircuiti nei quali la società occidentale è incappata.


La prima è stata la pulsione all’antistoricismo. Lo storicismo (Chatelet, 1952) è un pharmakon, perchè tenta di inscrivere ciò che accade, e che inevitabilmente provoca sconvolgimenti, in un quadro di prevedibilità e ripetitività. Lo storicismo (e la pratica storica, nella misura in cui le due cose si sovrappongono) afferma che ciò che accade adesso può essere dedotto e spiegato a partire da ciò che si è verificato prima. Notoriamente spiegare qualcosa è la prima reazione per mettere a tacere il senso di imprevisto, di rottura di qualsiasi ordine. Siamo giustamente terrorizzati dagli imprevisti e dagli eventi inspiegabili perchè minano una condizione che ci permette di vivere, e cioè la prevedibilità della nostra vita immediata. Camminiamo perchè abbiamo imparato che la terra sotto i piedi non cede.


Lo storicismo è una medicina da cavallo perchè ipotizza che nulla (o poco) sia un vero evento, ma che tutto sia prevedibile. E’ un illusione ma nella misura in cui permette alla civiltà di liberare energie che altrimenti essa impiegherebbe per prepararsi ad inattesi sconvolgimenti ci apporta grandi benefici. Se non comprendessimo che esiste un collegamento tra un cielo scuro e un temporale, e quindi accogliessimo ogni temporale come un giudizio imprevedibile, molte energie sarebbero assorbite dal temporale, prima, durante e dopo.


Lo storicismo è, se vogliamo imbastire una riflessione sulla salute mentale delle società, tipico delle società che non si possono permettere di fallire. Non si possono permettere è la locuzione meno sbagliata: sono società dove si è molto investito nel futuro, sia in termini di riserva di speranza che di investimento reale (forte indebitamento, forte dipendenza dalle previsioni, ecc). Queste società sviluppano lo storicismo come quadro esplicativo standard perchè esso sostiene il mondo in cui esse operano.


L’escatologismo – o per esser meno contorti, il ritorno dell’escatologia politica – è fiorito in risposta allo storicismo. Dello storicismo critica la sicurezza nella coerenza interna della Storia. La storia futura è indeducibile e quindi le regole normali del gioco – inferenza, osservazione, programmabilità politica – sono sospese, o stanno per essere sospese. Essendo l’Eschaton la fine della storia, esso porta con se’ la fine di ogni prevedibilità e quindi, a maggior ragione, la fine di ogni storicismo.


Da un punto di vista psicologico lo storicismo viene solo sostituito da un altro schema rassicurante. Non viene più garantito dalla intima coerenza della Storia ma dall’attività divina e dalle Scritture, ma non cambia il risultato: ci troviamo sempre di fronte ad un copione, una storia scriptata, che ha la stessa identica funzione di evitare il diretto confronto con la totale libertà della Storia di essere modificata e di essere imprevedibile. Appuntiamo una differenza: lo storicismo, essendo il pharmakon di chi ha intuito coi propri mezzi mentali (individuali, di gruppo e collettivi) l’andamento supposto della Storia futura, tende ad essere il pharmakon dei gestori, delle classi dirigenti e e dei gruppi egemonici, almeno nella sfera della narrazione. L’escatologia politica, traendo forza e legittimità da una fonte extrastorica, tende ad essere il phamarkon di chi è – o si percepisce – escluso dalla gestione narrativa, dalla costruzione dello schema interpretativo. Chi pensa che il tempo storico lavori per lui si rifugia nello storicismo, chi crede di avere l’inerzia storica contro assume forti dosi di escatologismo.


L’escatologismo è storicamente sorto quando le premesse psicostoriche dello storicismo sono venute meno. Dai primi 2000 il futuro è apparso in pericolo, di certo non più una riserva di popolazione, tempo e sicurezza a cui attingere per rinforzare il presente. Il Progressismo – inteso qui come chi crede nel progresso, qualsiasi contenuto esso contenga – si è incrudelito allo stesso ritmo col quale perdeva contatto con la realtà. Il mondo continuava, e continua in parte, ad essere storicistico (uno storicismo di maniera, barocco, formale) ma già covava l’escatologismo come risposta alla sua incapacità – e impossibilità – di riporre razionalmente fiducia nel futuro.


E’ un momento crepuscolare: gli storicisti possiedono i mezzi materiali e forse lo sviluppo tecnico gliene offrirà altri, ma hanno completamente perso la bussola emotiva rispetto al futuro. Catatstrofismo e long-termism sono risposte raffazzonate degli storicisti-progressisti alla chiara indisponibilità del futuro ad accogliere un’altra briciola di speranza razionale.


Il luogo storico spiega anche il posizionamento politico dell’escatologismo. La disponibilità materiale, l’influenza mediatica, l’inerzia comunicativa e i meccanismi generazionali sembrano remare tutte a favore dello storicismo/progressismo, ma il futuro non è più quello di una volta1. Unica soluzione possibile a questa situazione potenzialmente psicotica è l’escatologismo, confidare nella rottura della Storia e nella sospensione di tutto questo.

1Si noti che in tempi in cui vi erano molti scontenti del contenuto dello storicismo politico ma in cui il futuro era una riserva solida l’escatologismo languiva. Mancava infatti una fonte di pressione che spingeva per questa urgenza psicostorica. Se si cercano negli intellettuali conservatori ottocenteschi e primo novecenteschi coerenti pulsioni escatologiche le si trova a malapena, e di solito, non a caso, in autori russi – vedi I racconti dell’Anticristo. Ma si può dire che in Russia il futuro appariva giustamente troppo lontano appunto, indisponibile. Possiamo prendere questo come una qualche dimostrazione a favore della nostra tesi.

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