Corso Casale 205

Corso Casale 205, Torino. La targa fu apposta sulla facciata in data 30 aprile 1959. Si legge: ‘Fra queste mura/ Emilio Salgari/ visse in onorata povertà/ popolando il mon- do di personaggi/ nati dalla sua inesauribile fantasia/ fedeli ad un cavalleresco idea-le/ di lealtà e di coraggio/ perché gli italiani non dimentichino/ la sua genialità av-venturosa/ il suo doloroso calvario/ la rivista Italia sul mare/ questo ricordo pose’. A pochi giorni prima e quaranta otto anni dopo – 25 aprile 1911 – dell’anniversario in cui, nel bosco di San Martino, in un angolo riparato, con gli occhi rivolti là dove sorge il sole, s’era aperto il ventre e la gola a colpi di rasoio. Disperato per la moglie Ida in manicomio e per i debiti contratti da esosi editori ebrei.                                                       

Nel 2012 l’Istituto nautico di Genova, il San Giorgio, gli conferì idealmente il diploma di capitano honoris causa ‘per aver fatto sognare avventure di terra e di mare a inte-re generazioni di giovani’. Quella di mio padre (egli era nato nel 1905), ad esempio, e la mia. E ricordo, bimbetto, avvolto nella pesante vestaglia da camera, in poltrona, sulle sue ginocchia, mentre mi leggeva i suoi romanzi. ‘e per aver suscitato in essi at-traverso la lettura delle sue opere, la passione per i viaggi in paesi lontani’. Viaggi in autostop, nulla di esotico o di straordinario, e per le ‘strade d’Europa’ in una stagio- ne in cui furono tanti i miei coetanei con lo zaino in spalla e il pollice sollevato.                 

Tardivi riconoscimenti da una ufficialità sempre restia e incerta, forse prigioniera di intellettualismo e ‘belle lettere’, che trova fastidio e timore e arroganza ad inserire nel proprio ‘cerchio magico’ ogni outsider, chi si propone o sta fuori dal coro... Per Salgari un lungo ostracismo, mentre i suoi libri – credo un centinaio – si leggevano e nutrivano gli occhi e il cuore di immagini di luoghi esotici sparsi nel mondo e liberi da troppi provincialismi,  di figure vigorose e adamantine, forse disegnate con l’accetta di una psicologia semplice ed immediata, ma tradotte nel ritmo incalzante dell’azio-ne.                                                                                                                                                                   

(‘Gli eroi son tutti giovani e belli’, cantava Francesco Guccini ne La locomotiva a con-clusione d’ogni suo concerto, infiammando il pubblico tra pugni chiusi e le bandiere rosse e nere. E, da ragazzini, in qualche cinemino, si battevano le mani ai protagoni-sti di modesti film western, tutti buoni belli e vincitori... mentre io avvertivo confuso che v’era del ‘nobile’ in indians e sudisti. Premessa verso ‘il sangue dei vinti’...)                    

 Anche sotto il Fascismo, alla ricerca di ‘padri nobili’, tra precursori e prefascisti, il no-me di Salgari venne speso tanto da essere inserito nella collana dell’Augustea, dedi-cata appunto ai Prefascisti, quale dodicesimo volume. Vi rimase poco. Contro i suoi romanzi si scagliò, e non fu sola, Margherita Sarfatti, influente nell’ambito della  cul-tura e sul Duce, di cui era l’amante, in quanto ‘esaltano la rivolta, l’indisciplina e la disobbedienza alle autorità legalmente costituite’ e, poi, quel Sandokan e le tigri del-la Malesia, contro gli inglesi certo, però troppo ‘anticolonialista’ e di carnagione oli-vastra... (La Sarfatti, da buon’ebrea, anticipava il razzismo d’Israele verso i palestine-si, ad esempio). Il volume fu ritirato e sostituito con un altro su Alfredo Oriani (trag-go le informazioni dal poderoso e documentato Fascisti prima di Mussolini del prof. Rodolfo Sideri, amico carissimo).                                                                                                         

Di recente alcuni giovani studenti della facoltà di Lettere, mi sembra dipartimento Arte e Spettacolo, mi hanno contattato per realizzare, su base di interviste, un docu-mentario a cinquanta anni dal ’68. Una lunga chiacchierata tra un vecchio ‘reduce’ e professore a riposo e dei ragazzi non so dire quanto interessati e capaci d compren-dere le atmosfere di un stagione tanto lontana – e non soltanto in termini temporali. Fra l’altro mi hanno chiesto delle mie basi culturali, degli stimoli e letture che hanno rappresentato l’inizio di una scelta dalla ‘parte sbagliata’ (tutti che si danno ragione, almeno qualcuno che predilige l’errore e l’errare...). Avrei potuto citare Nietzsche ed Evola, Drieu la Rochelle e Brasillach, Berto Ricci. Di getto la strada con i bastoni e gli eroi salgariani. Con un po’ di ironia, forse... perché la lealtà il coraggio il rispetto alla parola data la sfida, insomma lo stile, non appartengono ad una specifica dottrina, li ritroviamo in uomini e donne che si sono battuti e hanno versato il proprio sangue in nome di questa o altra idea. Certamente. Come la viltà il tradimento. Solo che essere fascisti impone antecedere lo stile all’Idea. Un sentimento, una emozione.                                                                              

 A bordo del vascello Folgore silenzio l’onda lieve lungo lo scafo la scialuppa che si al-lontana con Honorata van Gould nella notte. Solo allora Carmaux si rivolge all’amico Wan Stiller. ‘Guarda lassù! Il Corsaro Nero piange!’


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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