Il gender gap: storia di un inganno liberale

 Il cosiddetto “Gender Gap”, il divario tra il genere maschile e femminile, considerato oggi soprattutto in campo economico e professionale, è divenuto da alcuni anni elemento imprescindibile della narrazione liberale, la stessa a cui ci hanno abituato i mezzi di informazione mainstream, martellandoci un giorno si e l’altro pure con articoli inerenti l’argomento.

Ma è vero che la parità di genere, soprattutto quando sostenuta da scelte politiche mirate, si traduce sempre e comunque in una reale uguaglianza dal punto di vista delle scelte professionali femminili? In altre parole: è determinante una cultura “gender-friendly” nelle scelte lavorative della donna?

Sembrerebbe di no: secondo un articolo pubblicato sulla rivista “psycological Science”, “ The gender-Equality Paradox in science, Technology, Engineering and Mthematics Education”, scritto da Gijsbert Stoet e David Geary (psicologi rispettivamente alla Leeds Beckett University e alla University of Missouri), quanto più le donne hanno raggiunto l’uguaglianza all’interno di una società, meno propenderanno per un corso di laurea di tipo STEM, ovvero di tipo scientifico, tecnologico, ingegneristico o matematico; la situazione si ribalta considerando i paesi in cui la parità di genere è meno rappresentata, come l’Algeria, in cui inaspettatamente la percentuale di donne laureate in materie STEM supera il 50%.

 Questo è quello che i due studiosi hanno definito “Il paradosso della parità di genere”: ma si tratta davvero di un paradosso? Nel documentario di Harald Eia, “Il paradosso norvegese”, vengono riportati alcuni studi, fra cui quello del medico danese Trond Diseth, che sembrano suggerire che le differenze di genere esistono eccome e che non sono determinate dalla cultura, ma (udite, udite!) dalla biologia. Questo giustificherebbe la maggior propensione delle donne a scegliere mestieri che hanno al centro la cura per il prossimo, l’educazione e la comunicazione, con buona pace dei sostenitori del “gender gap”, le cui argomentazioni non fanno che basarsi su postulati (la società patriarcale e sessista) rifuggendo il rigore del metodo scientifico.

 Come giustificare, quindi, le differenze fra Norvegia e Algeria? Probabilmente nei paesi economicamente più arretrati, una laurea in ingegneria rappresenta il mezzo privilegiato per raggiungere benessere e indipendenza economica, soprattutto per una donna, la quale si vede costretta ad accantonare le proprie reali aspirazioni, decisamente meno in linea con le richieste del mercato.

E non è forse questa una violenza di genere? 


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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