Umanesimo del lavoro e demonia del denaro: conclusioni

Il problema non è il denaro in sé. Lo stesso Pound non lo ha mai demonizzato, così come non lo demonizza il Vangelo, visto che i re Magi portano anche l’oro e una parabola usa i talenti come metafora della vita.

Il problema è il denaro quando non si lega più al lavoro, quando diventa il centro d’interesse dell’esistenza svuotandola di ogni significato. Come scrive Giano Accame in un suo saggio su Pound: l’obbedienza per denaro e al denaro si pone quale stadio terminale della razionalità e moralità consegnate all’Occidente dal liberismo anglosassone e dall’Illuminismo. Nasce allora la demonia del denaro.

Un tempo si lavorava quanto bastava per assicurarsi la sussistenza e il resto era tempo libero, una mentalità che durò a lungo se pensiamo al fallimento dei cottimi perché gli operai preferivano avere più tempo (libero) che denaro. L’ideologia liberista doveva sradicare questa mentalità naturale e sana e rivoluzionare il tradizionale modo di pensare; del resto, la borghesia è stata una forza intrinsecamente rivoluzionaria che ha sconvolto il mondo in una misura unica nella storia, come riconosce lo stesso Marx. Si introdusse l’idea malata che non si possiede mai abbastanza; il principio del guadagno, dell’accumulare ricchezza e oggetti materiali ha dovuto permeare, per sprigionare la sua forza, l’intera esistenza. Tutto diventa calcolo e interesse: lo studio, la politica, le relazioni tra i sessi.

È ovvio che una simile mentalità e simili desideri, in alcuni, sussistessero anche in altre e precedenti epoche storiche, ma senza un’economia basata sul denaro era pressoché impossibile soddisfarli. Scrive Massimo Fini in un suo saggio, che il denaro con la sua mobilità ha reso veloce e smaterializzato l’esistenza, relegandola a una velocità che ha come scopo il denaro stesso. Tutto è calcolato in termini monetari: ammalarsi è un costo per la società, di ogni sciagura si calcola il costo economico, i regali per i bambini sono soldi. Del resto, scriveva Huizinga che l’uomo misura l’esistente secondo la logica degli strumenti di cui si serve: niente da meravigliarsi, quindi, se oggi il valore dell’uomo si misura col denaro.

Non si tratta di rifiutargli valore, cosa che del resto nessuno fa, ma di assegnargli il posto che deve avere in una vita moralmente sana: l’ultimo. Perché, come scrive Georg Simmel in Filosofia del denaro, esso ha qualcosa della prostituzione per l’indifferenza con la quale si presta ad ogni utilizzo, per l’infedeltà con cui si separa da ogni soggetto, per la sua impersonalità frantumatrice. Ed è vero, infatti, che qualsiasi strumento – una spada, un libro, un computer – vale diversamente a seconda delle mani nelle quali si trova, mentre solo per il denaro non è così.

Allora per non essere omologati e frantumati occorre contrapporre un progetto diverso che associ il denaro, che non ha senso rifiutare moralisticamente, al lavoro, restituendo a quest’ultimo la centralità che le oligarchie finanziarie hanno usurpato.


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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