Sono un Tolemaico

Io sono un Tolemaico - dico ‘sono’ e non ‘ mi definisco’ - e lo scrivo con la maiuscola. Contro ogni santa(!) inquisizione (scritta con la minuscola). Tolemaico e me ne faccio vanto. Il mondo mi appare simile a un disco a 78 giri – immagine questa mediata da Gottfried Benn di cui, ormai molti anni trascorsi, l’Adelphi editò molti dei suoi saggi – ruota ed emette suoni, melodiosi alcuni altri gracchianti, mentre io sono la puntina di quel braccio, asse che non vacilla. Discendendo la Vistola, meta la città di Danzica, il battello fa tappa a Torun, ove nel 1473 nacque Niccolò Copernico e i turisti possono visitare la Città Vecchia (Stare Miasto), magnifico complesso di palazzi e monumenti in stile gotico con facciate in barocco. In verità mi trattengo in platonica ammirazione di una prosperosa cameriera in un ampio caffè presso le rovine del castello teutonico, subendo la rampogna della guida, antipatica saccente bruttina. A ripensarci vi era tutta già l’ostilità per le rivoluzioni astronomiche (compreso Galileo e la sua abiura!). Non per quelle in piazza con barricate e schioppettate.

Ognuno ha tanta storia. È una delle numerose e reiterate frasi che mi piacciono e che racchiudono, come in un guscio di noce, lo spazio infinito. Perché noi d’infinito, uomini. E ne consegue come racconti episodi e descriva avvenimenti e rappresenti stati d’animo ed emozioni e sentimenti ove il protagonista – ‘c’era una volta un re’, come esordio di favola – è sempre l’io medesimo. Icastico il grande Ennio Flaiano: ‘La modestia è il paravento degli imbecilli’ ed io coltivando, come in una serra il fiore più prezioso, la virtù della vanità, tale non mi riconosco, anzi…

Mi sentenzia un amico, giovane e strafottente, che ‘la mia generazione ha perso’ – questo lo sintetizzo io con un verso di Giorgio Gaber ché lui non sa ovviamente chi sia -, insomma mettersi da parte che siamo solo eredi di guai sconfitte macerie. Il rigore impone misurare la modestia delle nostre forze contro la vastità del nemico, che ‘fa di tutta un’erba un fascio’ – come Renzo confuso per un untore venga da un monatto salvato… Mi viene la tentazione di rispondergli. E tanti mi vengono a mente di episodi che potrei annoverare e riportare. È una eredità di fierezza e nobiltà, un dono grande, forse inutile e forse no, una lezione di stile. Nonostante i saltimbanchi e i guitti, una lezione di stile. Sì, lasciatoci a testimonianza dal sangue versato da più generazioni di uomini e donne in camicia nera, umili fedeli fieri nulla chiedendo in cambio e tutto donando. E questo dono, in apparenza inutile e irripetibile… ‘Quello che veramente ami rimane, - il resto è scorie – quello che veramente ami non ti sarà strappato – quello che veramente ami è la tua vera eredità’.

Sono un Tolemaico. Il primo corteo, il primo manifesto sul muro, il primo scontro le botte date e quelle prese il primo fermo la sigaretta divisa il primo aspro bicchiere di vino le canzoni stonate il pisciare di notte lungo i muri i barattoli presi a calci come fossero culi, piccoli gesti di quotidiano esperire. I più belli, i più veri.

 

Immagine: www.siss.uniba.it


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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