Norimberga (II)

In una botteguccia d’antiquariato, dopo molte insistenze e mille precauzioni – in Germania la legge è severissima e il senso di colpa s’è radicato stupido e feroce -, riusciamo a farci mostrare quello che l’anziana proprietaria ha conservato, in un panno di velluto azzurro, del Terzo Reich. Acquisto il distintivo originale con la data 29 10 ’33 e la scritta ‘nur Einigkeit macht stark (solo l’unità ci rende forti), al centro un elmetto la croce uncinata il profilo della città di Nuernberg. Nessuna nostalgia, rivalsa rimpianto rancore, ciò che siamo lo portiamo con noi… Come intitola un suo libro Carlo Mazzantini Ognuno ha tanta storia.                                                                                             

In un primo pomeriggio, tra nuvole gonfie di pioggia e brevi squarci di sole, torno a visitare la fortezza in montagna di Rothenberg che seppe resistere ai francesi nelle guerre napoleoniche. Con donne e bambini, riparati in cunicoli e alte volte, il cibo ormai esaurito e le forze allo stremo. Si osserva dall’alto un grandioso panorama: i campanili di Norimberga all’orizzonte e i boschi incontaminati e di cui la gente qui ne va fiera. Strano personaggio il custode con un mantello stile bavarese un cappello a punta annusa il tabacco a grumi sul palmo della mano, in un recinto delle capre di provenienza Camerun e nel bugigattolo il libro di Paul Carell Operazione Barbarossa. Si muove come fosse lui il castellano severo e autoritario.                                                                 

Nella notte del 30 marzo 1944 decolla da suolo inglese una formazione composta da 572 bombardieri tipo Lancaster e 214 °Halifax più nugoli di caccia da scorta. La meta è il centro di Norimberga dove le costruzioni molte con ancora i tetti in legno sono più facili preda del fuoco. Ai piloti è stato detto trattarsi di obiettivi militari. Ciò che si vuole colpire e distruggere la città simbolo di un’Europa alta ed altre, immagine della idea sacra dell’Impero, mentre l’area nazionalsocialista verrà preservata. Caso vuole che, superata la Manica, la contraerea tedesca a Liegi abbatte un bombardiere e soprattutto segnala alla caccia tedesca la direzione per intercettare la formazione avversa e rinunciare all’obiettivo previsto. In una sola notte saranno 95 bombardieri abbattuti e gli inglesi perderanno un alto numero di piloti. L’Oberleutnant Martin Becker si fregerà di aver abbattuto in volo otto bombardieri. E sarebbero state ben più devastanti le conseguenze se, a causa della penuria di carburante, molti caccia tedeschi furono costretti a rientrare alle basi.                                                                         

L’operazione fu riproposta – e questa volta con successo – il 2 gennaio ’45 in tarda sera con la devastazione del centro storico: i morti furono duemila e oltre centomila i senza tetto. Ne fanno fede le cartoline in bianco e nero accanto a quelle a colori, ove la puntigliosità teutonica nel ricostruire mostra com’era in origine il capoluogo della Franconia. Di quella inutile furia distruttiva se ne ricorderanno il 20 aprile, arrivati gli alleati alle porte della città, davanti a cumoli di macerie, certi ormai della vittoria, soprattutto i giovani in camicia bruna e pantaloncini neri armati di indomito coraggio e panzerfaust. Quel ricordo costerà circa cento carri armati distrutti e più di tremila soldati colpiti. La rappresaglia sarà feroce e un velo di ipocrita dimenticanza verrà steso sopra. Quel 20 aprile, ultimo compleanno del Fuehrer…                                

In una locanda, più che spartana, nei pressi della stazione troviamo alloggio; la sera eccezionali zuppe alla cipolla e alla paprika.

 

 

 

Immagine: www.patatofriendly.com


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

Leggi tutto...

La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

Leggi tutto...

Questo sito si serve di cookies tecnici e di terze parti per fornire servizi. Utilizzando questo sito acconsenti all'uso dei cookies.