La fine delle ideologie: una spudorata menzogna

Le giovani generazioni sono state allevate nella falsa consapevolezza che tutte le ideologie fossero defunte con la caduta del muro di Berlino e che tutte le catastrofi, le distruzioni, le guerre e i genocidi nel mondo fossero stati dovuti alle ideologie che avrebbero avvelenato il sangue e la mente delle generazioni passate.

E’ questo uno dei tanti falsi che la cultura materialista e relativista imperante ha cercato di imporre con la forza della comunicazione e della repressione delle idee controcorrente.

Basti vedere cosa accade nel mondo per rendersene conto. Se le ideologie sono defunte certo non vi è responsabilità delle stesse per i numerosi conflitti esistenti nel globo (Afghanistan, Siria, Iraq, Corea…), né per le varie guerre civili in atto o finite da poco (Ucraina, Libia, Egitto, Serbia, Croazia…), né per i sistematici genocidi tutt’oggi in corso sia in Africa che in Asia, basti pensare al popolo Karen, ai Palestinesi, ai Curdi, ai conflitti tribali, alla sistematica eliminazione dei Serbi nel Kosovo, nel cuore dell’Europa, senza che la comunità internazionale muova un dito per impedire che ciò accada. Anzi la cosiddetta comunità internazionale, in nome di un falso concetto di pace e di libertà, ha consentito linciaggi e stermini senza precedenti. E’ sufficiente pensare a Gheddafi, a Saddam Hussein, all’utilizzo di bombe incendiarie, di bombe con testate contenenti uranio impoverito, di gas letali.

Ma le ideologie non sono morte, ce ne è una che, da semplice teoria economica, è assurta al ruolo di ideologia dominante e viene tacitamente imposta a tutti i popoli della Terra; ed è la più criminale, la più antistorica, la più antiumana: il liberismo.

Che il liberismo sia un mostro è facile dimostrarlo. Intanto per il liberismo, l’uomo è considerato solo come strumento di consumo e capacità di produzione; cioè viene considerato solo dal punto di vista economico, per cui un uomo vale solo per l’ampiezza del suo portafoglio e non per i valori autentici che esprime. Se sei un individuo ricco vieni ammirato ed osannato, a prescindere dalle tue qualità umane, ed anche se dietro quei denari c’è il sangue di vittime innocenti, c’è la droga, la truffa, o la rapina finanziaria, che è il principale crimine di oggi, messo a segno contro popoli interi e che non è previsto come reato da nessuna legge del mondo; se sei una persona povera non vali nulla: dimenticando che molti dei grandi d’Italia da Dante a Michelangelo, da San Francesco a Cristoforo Colombo e via dicendo hanno vissuto in povertà o della carità ed ospitalità di mecenati o protettori.

Ma che tutto questo sia quanto meno folle lo dice la logica sociale ed il comune buonsenso: i rapporti tra gli uomini non si possono basare sulle leggi di mercato e le leggi di mercato valgono solo per i rapporti commerciali, ma devono essere moderate e controllate con opportune leggi dello stato.

Le leggi del mercato, che si basano sul principio della domanda e dell’offerta, devono essere studiate per correggerne gli effetti aberranti che derivano dalla loro applicazione meccanica senza inserire i parametri fondamentali della socialità, dell’utile sociale e della convivenza civile. In poche parole le leggi di mercato, in assoluto, sono disgregatrici del tessuto comunitario se non vengono adeguate ai criteri della comune convivenza. Per conseguire tali risultati serve lo Stato che individui leggi adeguate ed effettui gli opportuni controlli; ed è proprio per questo che le nuove strategie finanziarie tendono ad eliminare gli stati ed a prezzolare politici di scarsa qualità.


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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