Zarathustra ti amo

Il nostro Bastian Contrario questa settimana ci offre un piccolo "progetto teatrale" che tiene nel cassetto da anni.

 

(Al centro del palcoscenico, su fondale buio, una fune o qualcosa di simile pende dal soffitto).

(Nietzsche immobile, avvolto in un camice bianco a impedirgli qualsiasi movimento, siede su una semplice sedia con spalliera, a lato).

(Lento si leva il preludio dal Tristano e Isotta di Wagner, durata10,59 minuti).

(Nietzsche, alle prime note, volge la testa verso l’alto, poi la protende a destra e sinistra come se volesse meglio ascoltarne il suono). Mormora una volta, poi una seconda come urlo strozzato:

Quest’uomo… sì, io quest’uomo l’ho molto amato…’.

(Dall’altro lato esce una figura femminile e si avvia verso il leggio, posto sempre dalla sua parte). Legge:

E’ notte: ora parlano più forte tutte le fontane zampillanti. E anche la mia anima è una fontana zampillante.

E’ notte: ora soltanto si destano tutte le canzoni degli amanti. E anche la mia anima è una canzone di un amante.

Sento in me qualcosa di inappagato, di inappagabile, che vuole farsi ascoltare. E’ in me un desiderio d’amore, che parla esso stesso il linguaggio dell’amore.

Io sono luce: ah, potessi essere notte! Ma la condizione della mia estrema solitudine risiede proprio nell’esprimere la prepotenza della luce.

Ah, se potessi divenire tenebre simili alla notte! Solo allora potrei nutrirmi, avido, alla luce!

E potrei benedirvi, piccole stelle luccicanti, splendenti lucciole! – e trarre beatitudine dal dono della luce che sapete diffondere.

No, no… io esisto della mia stessa luce e mi nutro delle mie stesse fiamme.

M’è negata la felicità di colui che riceve… così, più volte, sognai che la felicità consiste nell’essere animale da preda più che nell’attendere doni.

Tutto il mio strazio ha questa sorgente, mai stanco la mano nel donare; il mio struggimento , nel vedere occhi in attesa e le notti illuminarsi dal desiderio’ (Pausa).

Allora Nietzsche rialza la testa e con tono ardente e disperato:

Il vero amore è quello inappagato!’.

(Ecco apparire l’acrobata che con passo lento e lieve di danza, agitando le braccia sulla testa, si avvicina alla fune e vi gira intorno).

La voce femminile riprende il suo leggere dal leggio:

È notte: ahimè, perché sono condannato ad essere luce!? Assetato da ciò che è notturno, vivere della mia solitudine?

E’ notte e il desiderio dal mio animo, simile allo zampillare, sgorga alla ricerca della parola.

E’ notte: ora si levano alte le voci delle fontane zampillanti. Ed anche l’anima mia s’è resa fonte zampillante.

E’ notte: ora ecco ridestarsi ogni canzone d’amanti, e anch’io sono una canzone d’amore’.

(Esce di scena, mentre la musica del Tristano e Isotta si va spegnendo lentamente).

Di nuovo in Nietzsche riprende la forza della voce:

Voglio edificare tutti i gradini – che mi restano per la muta follia – voglio farli brillare uno per uno –  con i variegati colori del contrasto – voglio narrare della tristezza del padre di Zarathustra – e centellinare l’ebbrezza – del dio Dioniso che è in me – l’angoscia la mia angoscia – è non saperle ormai più distinguere’. 

(Si leva di nuovo la musica, ancora Wagner con La cavalcata delle Walkirie, durata 4,48).

(L’acrobata inizia lenta a salire sulla fune e volteggiare).

(Luce su tutto il palcoscenico).

Entra Zarathustra:

Io vi annunzio il superuomo… Ascoltatemi: io vi insegnerò il superuomo!

Il superuomo è il senso della terra.

L’uomo è una corda, tesa tra il bruto e il superuomo – una corda tesa sopra un abisso.

Pericoloso l’andar di là, pericolosa la traversata, pericoloso il guardar indietro, pericoloso il rabbrividire, pericoloso l’arrestarsi.

Ciò che è grande nell’uomo, è l’essere egli un ponte e non già uno scopo: ciò che in lui è pregevole è l’essere egli una transizione ed un tramonto…’.

Allora si leva acuto l’urlo di Nietzsche:

Io sono il tiranno di Torino! Immortale! Il tramontare è altro dalla morte. Suo rifugio è nell’aurora a venire’.

(Dissolvenza della musica).

(Riemerge la figura femminile e di nuovo si volge verso il pubblico da dietro il leggio). Legge:

Non so creare – visioni d’apocalisse – né cantare sommosse – vivo della passione dell’ora – bevo ebbro il furore che travolge – che ferma in me ogni tempo – e la vita tornata normale – non la so più vivere’. (Esce di scena)

(Nuovo crescendo della musica).

Zarathustra riprende a parlare:

E’ tempo che l’uomo si proponga una meta.

E’ tempo che l’uomo getti il seme della sua più alta speranza.

Il suo terreno è ancora abbastanza ricco, per ciò. Ma un giorno sarà impoverito e sfruttato e non potrà crescervi nessun albero di alto fusto.

Guai!

Bisogna possedere in sé ancora del caos per veder generare una stella danzante…

(La musica s’interrompe improvvisa).

(Entrano dai due lati due figure). Strillano, ironici sguaiati gesticolanti:

Abbiamo ascoltato fin troppo il funambolo, vogliamo ora che egli si manifesti!’.

Se dai a noi gioia ricchezza felicità, noi ben faremo a meno del tuo superuomo!’.

Come piccoli uomini abbiamo svaghi per il giorno e quelli per la notte…’.

Nessun pastore e unico il gregge! Vogliamo tutti la stessa cosa, tutti siamo l’un l’altro uguali!’.

(Allora Zarathustra piega un ginocchio a terra e con il braccio si copre il volto). Mormora:

Silenzio – non puoi spiegarlo – né a te stesso né agli altri – silenzio – perché parlano già troppo gli altri – e non serve un’altra voce – silenzio…’.

(Come da lontano per poi avvicinarsi sale la voce di Angela Gheorghiu nell’Habanera dalla Carmen di Bizet, durata 4,28).

(E’ a questo punto che l’acrobata cade a terra, restando immobile).

(Zarathustra si alza mentre si ritraggono le due figure. Si accosta all’acrobata. Si china su di lei come per baciarla ne solleva il corpo e iniziano una sorta di danza).

(Nietzsche si solleva dalla sedia, getta via il camice, allargando le braccia verso il pubblico come se potesse abbracciarlo). Grida:

Io amo coloro che non sanno vivere se non volgendosi al tramonto, perché il destino offre loro  l’andare oltre’.

(Poi, invitando con un gesto, la coppia danzante ad avvicinarsi).

Mio Zarathustra, ti amo!’.

(La musica si dissolve).

 


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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