Destr'arte: Enzo Benedetto-Futurismo-Oggi

[Foto di copertina: Stefania Lotti ed Enzo Benedetto]

C’è  una cultura figurativa di Destra nel secondo dopoguerra? Sembra che l’interrogativo contenga la risposta. In trincea non si ha tempo, cura per l’estetica, serve la militanza delle Vestali perché la fiamma non si spenga, fuori dalla casamatta i lanzichenecchi violentano la Tradizione con lo smisurato orgoglio dei Titani, non vogliono scacciare solo gli dei ma distruggere l’Olimpo dalle fondamenta, farne radura per il pascolo di greggi, l’abbaiare dei cani.

E’ luogo comune dei malpensanti, chiusi nelle alcove delle loro biblioteche, affabulare opinioni sul vuoto culturale della destra vista da sinistra, disegnando una comunità di bicipiti, romantica nostalgia, pneumatica di cervello. Bosco inesplorato la destra in arte nel secondo dopoguerra, ci si volge indietro a riesumare il breve dadaismo di Evola, il realismo magico di Oppi, l’eclettismo in architettura, c’è invece un Futurismo che si è allungato fino ai giorni nostri grazie alla tigna eretica  di Enzo Benedetto, reggino del 1905, spentosi a Roma nel ’93. Da ragazzo coi pochi soldi ch’avevo, feci l’abbonamento a Futurismo-Oggi rivista da lui fondata e diretta dal giugno 1967 fino alla morte; la  conservavo gelosamente come i Tex di Galup & Bonelli e le Novelle per un anno di Pirandello.

Il manifesto omonimo della rivista proiettava l’arte, ma non solo lei, oltre il fossato gramsciano del secolo corto, verso il nostro XXI secolo, in continuità col movimento di F. T. Marinetti spentosi a Bellagio nel ’44. Erano  amici fin dal ’23, ma quello pseudonimo di Record coniatogli dal “ poeta Pink “ non lo mandò giù da buon calabrese orgoglioso, quel nome era il modello d’ una pentola a pressione! Fu un “ irriducibile “ in guerra come Burri, fatto prigioniero in Libia dagli inglesi, trascorse sette anni di prigionia nel famigerato  “ Campo 25 “ di Yol, India, con vista dell’Himalaya.

Di ritorno in Patria, Benedetto riprese la sua attività di artista e scrittore con le generazioni dei futuristi ancora militanti, in particolare poi strinse un sodalizio quarantennale con Stefania Lotti ( 1927-2008 ) che si protrarrà fino agli anni ’90, sarà lei la curatrice dell’ultimo numero della rivista. La loro interpretazione del Futurismo stempera il tratto nervoso  del ribellismo prima maniera che vuole “ Rendere e magnificare la vita odierna, incessantemente e tumultuosamente trasformata dalla scienza vittoriosa.” E’ un Futurismo manierista, meditato, mai di getto nella continua ricerca di armoniche corrispondenze nella composizione. Metodo del Rinascimento applicato alla velocità dei cambiamenti, dove però occorre portarsi dietro il bagaglio di antichi saperi, senza i quali l’uomo  smarrirà la rotta del suo eden antropologico in costruzione.

Trovano la sintesi tra bellezza e progresso, tra genetico desiderio di armonie e dinamismo delle scienze, perché se la locomotiva schizza sulle rotaie è pur vero che fuori la Natura l’osserva imperturbabile.  La Dichiarazione del giugno ’67 tra l’altro dice: “ Il futurismo non può essere considerato soltanto come un movimento d’avanguardia delle arti plastiche…Esso è una concezione rivoluzionaria in continuo rinnovamento […]. Benedetto aveva colto nel segno, tra tanto infimo sperimentalismo, l’arte futurista sarebbe stata l’ avanguardia nel recupero della geometria, delle proporzioni, di quella  concinnitas teorizzata dall’ Alberti; è la poesia rivelata al passeggero della Freccia Rossa.  

Dal furore iconoclasta del passato, i nuovi futuristi evolvono verso una pacata analisi del presente, una  riflessione anche lirica,  attenta al ruolo principe dell’uomo nel convulso divenire. Voce di uno che gridava nel deserto? No. Al progetto editoriale di Futurismo-Oggi aderirono il MoMa di New York e il Centre Pompidou di Parigi e quel  Manifesto Futurismo-Oggi fu firmato da Acquaviva, Bruschetti, Caviglioni, Crali, D’Albisola, Dalmonte, Delle Site, Dottori, Marasco, Pettorutti, Sartoris. Chi erano costoro? Questo è un problema d’ignoranza dei nostri Don Abbondio in pantofole e vestaglia cui suggerisco ancora un nome Antonio Fiore.

 

Stefania Lotti, Eruzione di notte, 1933

 

Enzo Benedetto, Sacra Famiglia, 1961


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (24 July 1895 – 7 December 1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’era dell’Uomo, pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, e un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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