Web democrazia

Dalla pandemia COVID & varianti greche al vaiolo delle scimmie passando per 90 giorni di guerra civile (tale è) russo-ucraina, i media sfornano panini di Cassandre avvelenati di terrore e morte, succulenti impasti di video con container di analisti, scazzi di opinionisti prezzolati, generali in pensione, comunque chiacchiere di culi caldi orchestrati da viraghi a caccia d’audience perché, vossignoria, anche la tragedia d’Euripide, Medea, avrebbe oggi bisogno del fatidico: pubblicità! Mercimonio col quale ci si abbuffa o si viene tagliati a prescindere, senza ascolti il marketing non mette vermi all’amo della grande menzogna strillata dai talk-show trash, questo è la ferrea legge di mercato della fluida web-democrazia.

Agli idealisti dell’Atene dem. (ma Pericle l’era un gran furbone) resta quel mito nudo riposto negli armadi della Storia studiata sui banchi della scuola, democrazia parola ambigua secondo se col filtro o senza, per dirla in un esempio anche la DDR era una Repubblica democratica (!), fu lei comunque la muliebre fanciulla ateniese la principessa sognata colla quale convolare a nozze, divenuta poi, per secoli, la bella addormentata, ebbe il suo magico risveglio col triplice bacio di Benjamin Franklin e si risvegliò in quel di Filadelfia.

Quell’elfica adolescente inseguita da filosofi e illuminati, per gli acciacchi del tempo s’era fatta vecchia, cestinata in casa di riposo, sua pronipote è la e-democracy (electronic democracy) o web democrazia, vuoi mettere, assai più partecipativa, basta un account e da pirata navighi nell’oceano dell’interconnessione caricando l’ego col peso autosublimato della tua minuscola presenza ingrassata d’orgoglio dal numero di “amici/che” virtuali, s’intende, a cui predare l’assenso gettando esche nel liquido vischioso dell’omologazione, il prossimo viaggio olistico è già iniziato e ha un nome il Metaverso con gli stessi ricchissimi padroni.

Oggi rifiutare il rancio precotto di media, network e multipiattaforme esclude dal convivio dei minima immoralia, canterebbe il gigante Francesco Battiato schernendosi di Adorno, l’Hazet 36 non colpirebbe “i fasci” tra i capelli, quel che accadde tragicamente al nostro Sergio Ramelli, al suo posto il colpo mortale è bannare, ghettizzare, zittire con un click senza incorrere in processi penali, oppure non invitare nei pollai televisivi i divergenti perché la democrazia contemporanea non è partecipazione ma assenso e assuefazione.

Veniamo al fiume dove nuota il popolo ( vi ricordate quel  “Avanti popolo alla riscossa…” ) ora bollato come  massa qualunquista affetta dal mal di pancia del benessere, un tempo i pescatori d’ elettori sedevano sulla riva destra o sinistra e altri su un trabucco in mezzo alla corrente, si gareggiava in ami e bigattini per acchiappar voti, archeologia politica con proprie liturgie, mezzi e strumenti, i manifesti, il gracchiar d’altoparlanti, i comizianti sopra i camioncini bardati secondo fazione. Ci si batteva per la democrazia col filtro, liberale, socialista, corporativa, quella senza filtro era l’utopia anarchica di Spartaco il ribelle o di quel vàgero libertario che fu Lorenzo Viani.

La tecnica che ha un nome proprio, ingegneria elettronica, pare un soggetto neutro, al pari di mamma scienza, eppure nessuna rivoluzione è stata ed è così invasiva quanto l’high tech in mano a pochissimi burattinai, costringe e plasma l’uomo all’assoluta dipendenza resa indispensabile in ogni campo per essere On non Off, imponendo l’estinzione identitaria, la libertà di fatto, segna il limite tra inclusione o scarto nell’attesa messianica dell’era IA (intelligenza artificiale) sostitutiva di quel chilo e mezzo di cervello compresa la coscienza.

La guerra oggi è tra democrazie liquide governate solo da alta finanza e tecnica e i Bardi aedi assediati dal nihilismo progressista delle e-democracy e allora, parafrasando un aforisma non coniato da Goebbels, vien da dire: “quando sento parlare di web democrazia metto mano alla pistola”, romanticismo della Tradizione sulla lancia del folle lanciato contro il gregge.

 


Editoriale

 

L'Italia ha bisogno di te

Di Adriano Tilgher

Veramente ci vorrebbe una chiamata alle armi per salvare l’Italia e per rimettere in campo le enormi capacità di cui dispone come popolo e le qualità notevoli che ci hanno fatti grandi nei secoli. Rimanere inermi osservatori dello scempio, che stanno facendo di noi e delle nostre indiscutibili radici culturali, non è più possibile. L’immagine che i principali media danno del nostro popolo è veramente sconvolgente.

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La Spina nel Fianco

 

Ode al fido Grunf

Aprile 1967, esce nelle edicole italiane il numero 93 del fumetto “nero” creato da Magnus e Bunker, “Kriminal”, dal titolo "Festa happening". Il fumetto nero italiano fu un genere di fumetto che esordì’ nel 1962 con il personaggio di Diabolik, seguito da Kriminal, Satanik ed altre decine di epigoni. Propose un ribaltamento della morale corrente, i protagonisti non erano gli eroi buoni de "Il Vittorioso" né gli eroi del fumetto statunitense, bensì ladri, e spietati assassini, che fecero gridare allo scandalo, Chiesa, media, Democrazia Cristiana e in parte anche l’intellighenzia di sinistra, tant’è che il fenomeno attirò l'attenzione del potere giudiziario che temeva la carica eversiva di questo genere di pubblicazioni. Furono anni di censure, sequestri, roghi, ed arresti e gli autori, furono costretti ad ammorbidire toni e trame per evitare il carcere, facendo perdere al fumetto la propria carica innovativa.

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