Dal buon selvaggio al buon fanciullo: J.J. Rosseau

Se Maria Montessori è la madre della pedagogia del senso di colpa, Jean Jacques Rousseau ne è indiscutibilmente il padre. Per comprenderlo, occorre partire dalla personalità e dal carattere dell’uomo Rousseau; dal suo animo, infatti, potremo scoprire come nasce il puerocentrismo e la pedagogia del senso di colpa ad esso correlata. D’altronde, nulla di più facile: come in genere tutte le personalità psicologicamente disturbate, egli ha scritto molto di sé stesso a scopi autoanalitici e terapeutici.

Veniamo così a sapere dalle sue Confessioni di aver ricevuto un’educazione degna di un re che tuttavia produsse come risultato un carattere che lui stesso definisce effeminato e ondeggiante sempre tra debolezza e coraggio, tra mollezza e virtù; un carattere che lo ha messo sempre in contraddizione con sé stesso, facendo sì che gli sfuggissero egualmente l’astinenza e il godimento, il piacere e la saggezza. Davvero un buon risultato per un’educazione che lo stesso Rousseau ha definito quanto mai accurata! Si tratteggia così una personalità che non solo non possiede nessuna qualità che ogni persona di buon senso vorrebbe nell’educatore del proprio figlio, ma che per i suoi stessi tratti connotativi non sembra proprio abilitata a pontificare in merito all’educazione. In una sola circostanza il carattere del ginevrino si è dimostrato fermo nella soluzione presa, ed è proprio il caso che qui maggiormente interessa. Dalla sua compagna, Teresa Levasseur – donna di nessuna cultura, praticamente analfabeta – Rousseau ebbe cinque figli che scaricò tutti all’orfanotrofio.

La situazione ci viene raccontata dall’autore con un vago accenno di resipiscenza; aver avuto bambini, e per di più da una donna del genere, è giudicata da Rousseau una nuova seccatura, cosicché il nostro, convinto da una combriccola di libertini che frequentava che abbandonare i figli naturali in orfanotrofio era un’usanza del luogo, se ne liberò più che confortato e, in un primo tempo, senza il minimo scrupolo, come egli stesso scrive. Tuttavia, con il tempo, questa deliberazione lasciò il suo segno: come scrive nella sua autobiografia, la decisione che gli era sembrata ragionevole non gli lasciava il cuore tranquillo. Mentre meditava la sua celebre opera pedagogica, l’Emilio, sentiva di aver trascurato dei doveri dai quali nulla poteva dispensarlo. Il rimorso fu così vivo che al principio dell’opera pedagogica gli strappa una confessione, laddove scrive che chiunque abbia viscere e trascuri un dovere così santo come l’educazione dei figli, verserà a lungo lacrime amare e non sarà mai consolato. Si erano già incubati i germi della pedagogia del senso di colpa.


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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