Il momento del riscatto

 

Ormai siamo agli sgoccioli. Il governo non è del popolo e non sta con il popolo. Tutti i provvedimenti messi in moto favoriscono solo banche, multinazionali e soliti noti.

Gli unici provvedimenti che riguardano i cittadini normali o gli imprenditori piccoli o medi tendono solo al distanziamento sociale, perché i cittadini presi uno per uno non fanno paura (e questo già la dice lunga), o al fallimento perché piccole e medie nostre attività devono cessare per fare largo ai grandi.

D’altra parte l’opposizione non è pervenuta.

Ma andiamo per gradi. Quali sono le cose che balzano subito davanti agli occhi? Per FCA, Benetton e De Benedetti subito soldi dalle banche con garanzia dello stato per svariati miliardi di euro, senza alcuna certezza sul mantenimento dei livelli di occupazione e sul dove andranno investiti questi soldi; per i piccoli e medi nessun finanziamento facile, nessun soldo a fondo perduto, spese di sanificazione e adeguamento a carico dell’esercente, con conseguente aggravamento dei costi di gestione e con scarse possibilità di ripresa, date le tremende regole di produzione e vendita. Per tutti questi al momento è previsto solo, se riescono ad ottenerlo, un ulteriore indebitamento attraverso prestiti garantiti.

Di fronte al nulla di concreto che balza davanti agli occhi, esistono dei condizionamenti delle attività che renderanno difficilissima la ripresa. Intanto sono numerosi gli esercizi, siano essi commerciali che di ristorazione o turistici, che non apriranno proprio o perché non hanno i mezzi per farlo o perché le norme sono tali che i restringimenti previsti non consentirebbero, neanche a regime pieno, la copertura delle spese vive. Altre apriranno, ma non potranno garantire, data la riduzione del lavoro, la riassunzione di tutti i dipendenti e una volta aperto diventerà problematico controllare il flusso degli utenti. Tutto questo comporterà un’evidente contrazione dell’utenza che porterà inevitabilmente ulteriori chiusure e nuovi disoccupati.

Tutta questa disoccupazione porterà una nuova riduzione dei consumi per l’evidente mancanza di fondi da consumare, creando un giro crudele di strozzatura dell’economia che può avvantaggiare soltanto le multinazionali, i sistemi finanziari globali e la criminalità organizzata, uniche realtà che possono comprarsi a quattro soldi tutta la nostra stupenda Italia.

Le casse nazionali sono già esangui e questi mascalzoni, incapaci o traditori che siano, al governo, ricorreranno allo strozzinaggio internazionale per tappare falle che non hanno voluto affrontare con le sole risorse interne. A quel punto inizieranno a toccare le pensioni, gli stipendi degli statali, i depositi bancari, faranno varie patrimoniali ma sarà tutto inutile perché il debito ci avrà legati mani e piedi a chi vuole gestire in proprio il nostro immenso patrimonio artistico e ambientale.

Davanti a queste previsioni apocalittiche l’opposizione che fa? Nulla. Fa una mozione di sfiducia, fa ostruzionismo parlamentare, ma visto che Mattarella non vede e non sente, a che serve la normale opposizione di sistema se l’Italia sta per scomparire? Ma il 2 giugno facciamo la manifestazione di protesta. Benissimo ma qual è il programma per il giorno dopo il 2 giugno? Come si mette in crisi il sistema politico? Quali strutture si stanno predisponendo per difendere i manifestanti dalle multe, dai fermi, dalle cariche di polizia? Si capisce che se si scende in piazza, nelle condizioni in cui siamo, non si può più tornare a casa?

Servono segnali forti che colleghino la protesta popolare con la politica che si oppone alla distruzione della nostra nazione, ci vuole coraggio, serve volontà di riscatto. La gente in piazza e i partiti di opposizione fuori dal parlamento, dimissioni di massa affinché il segnale arrivi forte e preciso al Presidente della Repubblica.

L’Italia va salvata e serve sicuramente il popolo, ma serve anche una classe politica di sostegno. Se non lo fanno o non sono disposti a farlo vuol dire che sono complici, compagni di merende.


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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