la democrazia dei creduloni

La democrazia dei creduloni

Carl Schmitt insegnò che l’essenza del politico è la distinzione tra amico e nemico. Nemico è il neoliberismo nella forma della globalizzazione, del dominio della finanza, del controllo tecnologico e del materialismo radicale. Identificato il nemico, occorrono armi dialettiche, culturali, civili per contrastarlo. Il primo terreno di lotta riguarda l’individuazione delle sue menzogne per fare opera di verità. Un punto di forza della “narrazione” avversa riguarda il concetto di democrazia. Totem e tabù della modernità, credenza indiscutibile, criticare o revocare in dubbio Sua Maestà la Democrazia pone fuori dallo spazio civile ed espone alla giustizia penale.

Nondimeno, è urgente condurre una critica della ragione democratica, a partire dal significato delle parole. Democrazia significa potere del popolo: nessuno può ragionevolmente sostenere che nel regime vigente il popolo detenga quote significative di potere. Ristabilire tale elementare verità è il primo atto rivoluzionario.

La democrazia dei creduloni è il titolo di un saggio del sociologo Gérald Bronner che si propone di mettere in guardia dalle verità preconfezionate, dalla pigrizia mentale, dall’adesione acritica alle idee dominanti. La soluzione più facile è quella più rassicurante, credere è sempre più comodo che ragionare. Il problema è la riconquista della verità, nella certezza che chi accresce la conoscenza accresce il dolore (Ecclesiaste). I padroni del mondo lo sanno bene e lavorano per plasmare una “personalità democratica” superficiale, triviale e credulona.

Poiché possiedono la schiacciante maggioranza delle fonti di informazione, chiamano false notizie tutte le idee non in linea con la narrazione ufficiale.

Il pesce puzza dalla testa, quindi la democrazia ad uso dei creduloni va demistificata a partire dall’origine, ovvero dal più indiscutibile dei suoi dogmi: se infatti essa è il governo del popolo, noi non viviamo affatto in una democrazia. Nella realtà, infatti, vince sempre la minoranza, e quella minoranza è formata dai detentori del potere economico. Il potere del denaro svuota la democrazia sino a trasformarla nel suo opposto.

Partiamo dall’Unione Europa. Il cosiddetto europarlamento non ha funzione legislativa, ed è quindi inutile, un rifugio ben pagato per politici in disarmo. Le normative, in forma di regolamento, vengono emesse da organi non elettivi e rese immediatamente esecutive in tutti i paesi, scavalcando il diritto nazionale, governi e parlamenti. Quanto agli Stati, i loro governi sono espressione di maggioranze parlamentari costruite a tavolino attraverso l’ingegneria elettorale. Con sistemi di elezione che costituiscono vere e proprie manomissioni della sovranità popolare.

Ciò vale per tutti i grandi Paesi. In Gran Bretagna, con il sistema maggioritario secco in alcune occasioni è andato al governo non il partito più votato, ma quello che è arrivato primo nel maggior numero di collegi. In Spagna, con un metodo proporzionale corretto (d’Hondt) è possibile conseguire la maggioranza alle Cortes con meno del 40 per cento dei suffragi. In Francia, con il doppio turno, le maggioranze governative sono frutto della forzatura elettorale e non del consenso dei cittadini. Il caso tedesco vede due grandi partiti, democristiano e socialdemocratico, costretti dalla continua erosione dei consensi a formare governi di coalizione invisi ai rispettivi elettori ma sponsorizzati dal potere industriale e finanziario.

Negli Usa, il metodo è quello britannico, con in più l’elemento federale, tanto che Donald Trump è stato eletto presidente con meno voti di Hillary Clinton. In Italia, dove l’orrendo Porcellum dichiarato incostituzionale ha permesso cinque anni di governo al centrosinistra con meno del 30 per cento dei voti, il nuovo Rosatellum promette esiti simili.

Tutto ciò è frutto di un disegno preciso, la normalità invertita della democrazia reale, in cui vige ormai il principio di minoranza fondato sulla manipolazione di procedure e regole. Democrazia finta e falsa, dunque, ma creduta tale: la democrazia dei creduloni, appunto.


Editoriale

 

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