Jünger: la sfida del ribelle

Dal mondo meccanizzato e dis-umanato di Metropolis al bosco: così potrebbe semplificarsi il percorso compiuto da Jünger nei circa vent’anni che separano l’Operaio dal Trattato del Ribelle. Vent’anni durante i quali lo scrittore tedesco ha compiuto una sorta di scepsi delle sue iniziali posizioni, relative a quella visione del mondo che era figlia delle sue esperienze di guerra.

Nel secondo dopoguerra, il volto spaventoso del NIENTE gli appare un pericolo dal quale difendersi, piuttosto che l’annuncio di quel mondo nuovo di cui il Milite Ignoto e l’Operaio erano stati, in certo modo, i campioni. Se, infatti, fino al 1932 l’emersione dell’elementare nella guerra dei materiali era considerata da Jünger il fatto nuovo, l’inizio di una nuova epoca della storia, le successive riflessioni indicano un allontanamento dal mondo della rigida funzionalità e dell’anonimato che avevano invece dominato le trincee dell’eroe tedesco e che egli vedeva trionfare nelle fasi successive del processo storico incarnate dal tipo dell’Operaio, dominatore della tecnica e nuovo modello di funzionalità in cui ogni azione assume i caratteri freddi e metallici del lavoro meccanizzato. È evidente che il nazionalsocialismo ha generato una presa di coscienza che lo porterà successivamente a far parte dell’operazione Valchiria e che per il momento lo induce a vedere in Hitler il definitivo negatore del mondo ordinato che si trattava di restaurare.

La svolta era già annunciata nel romanzo a chiave Sulle scogliere di marmo del 1939, nel quale l’elementare - cioè le forze primigenie e informi della vita, precedentemente esaltate come l’elemento nuovo – sono ora assunte nel loro aspetto distruttivo nella maschera del Forestaro che distrugge l’idillico e ordinato mondo della Marina. Jünger comincia a riflettere con estrema costanza sul tema del nichilismo che diverrà confronto diretto nello scritto Oltre la linea del 1949 e di cui il ritorno al bosco può dirsi il risvolto pratico.

Significativo, per i motivi che si vedranno, che ora il bosco, dal quale uscivano le forze scatenate dal Forestaro, appaia come il luogo dove sfuggire al controllo totalitario dell’ordine nichilistico del mondo moderno; il bosco è ora il rifugio dove diventa possibile la ribellione al mondo moderno. Il testo del 1951 è infatti intitolato Der Waldgang, letteralmente “colui che va al bosco”, da un’usanza dell’antica Islanda in cui i proscritti si ritiravano in luoghi selvaggi, pericolosi ma liberi. In italiano si è preferito il titolo Il Trattato del Ribelle che forse è persino più efficace, in quanto ci dice immediatamente della corrispondenza di questa figura con l’Anarca: il singolo che si dissocia col suo “no” dalla società moderna e, nello stesso tempo, ci dice del carattere manualistico di questa breve, ma non semplice opera.


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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