Jüngeriana [8]

L’identificazione tra milite ignoto e Operaio consiste nelle virtù che sono attive in sommo grado in entrambi: coraggio, preparazione, prontezza, spirito di sacrificio. Virtù caratterizzate dalla sostituibilità, nel fatto, cioè, che dietro ogni caduto è già pronto il cambio della guardia; unità di misura di questa virtù è l’impresa concreta, senza aggettivi, che comporta un tipo di fraternità col nemico che non avrà mai punti di contatto con il pensiero umanitario. Tutto questo non ha legami con il livellamento che è l’attuazione del livello più basso, ma è comunque una distruzione che avanza e rende più evidente la possibilità di una costruzione organica.

La tecnica infatti, per Jünger, non sarà distruttiva se l’uomo sarà in grado di rappresentare la forma dell’Operaio. Il che costituisce un’utile memoria per il presente: non siamo stati in grado di costruire la nuova forma organica e la tecnica ci sta distruggendo. La tecnica, infatti, aggredisce rapporti e vincoli che sono al di fuori della forma del lavoro; questo significa che la tecnica non è una forza neutrale, un serbatoio di forze cui tutti possono attingere a discrezione. Essa pervade piuttosto di nuova forma tutto ciò che investe e lo adatta a sé; solo quando individuo e comunità avranno assunto la forma del’Operaio, la tecnica sarà fruibile come strumento e cesserà di essere dominatrice. La tecnica che caratterizzerà questo nuovo potere non sarà una tecnica qualsiasi - ogni vita possiede una tecnica e l’acquisizione di una tecnica estranea è un atto di sottomissione – ma la tecnica delle macchine.

Ed ecco chiarito chi è l’Operaio: non colui che lavora in fabbrica, quanto piuttosto un tipo d’uomo particolarmente indurito e temprato la cui esistenza ha reso più chiara che mai l’impossibilità di vivere alla vecchia maniera. Questa nuova stirpe di uomini avrà come atteggiamento il realismo eroico che del lavoro - inteso come forza aggressiva e d’assalto – ha la stessa nozione che si può avere della posizione strenuamente difesa in battaglia, considerando del tutto secondario l’esito dell’azione. Il lavoro, nella visione metafisica della tecnica propria di Jünger, diventa un esercizio di bushidṑ. Il lavoro è una Gestalt, una Forma totalizzante, una Mobilitazione Totale e quindi non vi può essere nulla che gli si opponga: non l’ozio o lo svago che tendono ad assumere sempre più la forma del lavoro.

Il Fronte della guerra si identifica sempre più con il Fronte del lavoro, di modo che alla nuova costruzione organica non si appartiene con un atto di volontà individuale, ma con una effettiva compenetrazione. L’economia nel mondo moderno è innalzata a costruzione organica sottratta all’iniziativa dell’individuo concepito sia isolato sia aggregato en masse: e ciò sarà possibile solo quando liberalismo e socialismo si siano estinti.  


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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