La strada da Montecatini

Parliamo di noi, per una volta. Di certo le giornate del Pensiero Forte di Montecatini hanno preparato una cavalcata che vogliamo lunga e vittoriosa. Abbiamo il diritto, per una volta e per un attimo, di fermarci e farci le congratulazioni. Il pensiero forte esiste, nel senso che una piccola avventura editoriale senza mezzi ha dimostrato di essere diventata adulta in un solo anno. A Montecatini abbiamo riunito intelligenze, personalità importanti, e, come dire, abbiamo esibito le credenziali.

 Da oggi comincia il difficile. C’è una frase di circostanza che pronunciamo al termine di qualcosa di bello, accomiatandoci da chi ha condiviso il cammino: non perdiamoci di vista. Lo diciamo sinceramente, ma sappiamo, in cuor nostro, che non è vero. Per i più vari motivi ci perdiamo di vista, perché la vita continua, perché abbiamo tanti impegni, perché, perché… No, non possiamo perderci di vista per una ragione semplice: gli ideali non sono mai impossibili. Diventano realtà se lo vogliamo davvero e anche la più lunga marcia, lo disse Mao Tze Tung, comincia con un piccolo passo. I passi di Montecatini non sono stati né pochi, né piccoli, ma la strada inizia adesso. Siamo ambiziosi, non ci possiamo fermare.

 Per la prima volta, abbiamo costruito davvero: una dottrina, un senso comune, un corpo di idee e di convinzioni. Abbiamo, innanzitutto, individuato il nemico da combattere, anzi da abbattere: la cupola finanziaria, economica e tecnologica globale interessata a esercitare un dominio sull’umanità modificandola in forma irreversibile attraverso processi di ingegneria sociale, culturale, antropologica tesi a fare della persona materiale umano. La nostra, quindi, è più di una battaglia politica, le convinzioni che abbiamo esposto sono l’embrione di un progetto radicalmente alternativo a quello dominante.

 Il vero successo sta nella constatazione che la diversità degli orientamenti, dei profili, delle competenze e dei percorsi personali di ciascuno si è costituita in una sintesi preziosa dalla quale ripartire più forti, giacché ciascuno ha indicato soluzioni, antidoti, idee. Finalmente non ci si è limitati a rimpiangere il passato o spiegare “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, ma è stato abbozzato un percorso progettuale di ampio respiro. Fin qui gli elogi, lasciateci essere, per un giorno, fieri di noi stessi. Ma chi si loda si imbroda, specie se non si rende conto di non aver fatto altro che il primo passo. Abbiamo costruito le fondamenta, i plinti, e disegnato una mappa del territorio. Per questo, non perdiamoci di vista, ma sul serio, i buoni propositi non si sciolgano come neve al sole.

 Adesso bisogna costruire l’edificio. Comincia il difficile, poiché occorre unire, allargare, convincere, fare rete. Non può essere il compito di una piccola testata digitale, neanche se le forze fossero maggiori e i portafogli gonfi, anziché desolatamente vuoti, alimentati solo dalla generosità e dal cuore.

 Lancio una proposta, affidandola al cervello e alle gambe del Pensiero Forte. Abbiamo conquistato una posizione, costruito una piccola casamatta. Dobbiamo aprire le porte, trasformarci progressivamente in qualcosa di più: un comitato di ricostruzione nazionale, una costituente, un nucleo aperto “in progress” avanguardia di un progetto che muti la società. Un pensiero è forte non per ciò che afferma, ma per le sue ambizioni e la capacità di cambiare le cose, essere fermento di una rivoluzione, se la parola non desta paura, ma speranza. Oltre le screditate, inservibili categorie del passato, destra, sinistra, moderati, estremisti, noi sentiamo di rappresentare una necessità per il futuro della nostra Patria e dell’Europa.

 L’Italia ha bisogno di un pensiero forte, quindi noi siamo di estrema…necessità. Perché gli assopiti diventino dinamici, affinché la nostra gente ritrovi la voglia di uscire dalla gabbia in cui è rinchiusa, fare si trasformi in agire, essere giovani – per chi lo è e per chi lo era- significhi trovare obiettivi, entusiasmo, voglia di sfide, battaglie da vincere. Il nemico è in casa, lo vogliamo sfidare, guardare in faccia, cacciare.

 Dunque, la strada di Montecatini diventi un segnavia. Non perdiamoci, di vista, costruiamo altri strumenti, nuovi, all’altezza di tempi. La fantasia e l’intelligenza non ci mancano, e l’abbiamo dimostrato. Insieme con altri, ai quali sarà vietato chiedere da dove vengano, ma solo dove vogliono andare e se è possibile fare insieme la strada. Non sprechiamo Montecatini, altrimenti non avremo fatto altro che “passare le acque” fuori stagione.


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (24 July 1895 – 7 December 1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’era dell’Uomo, pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, e un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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