Gesto nobile ed inutile

Era il 25 novembre 2010. Museo della civiltà romana. Serata segnata da fitta pioggia. Ricorreva proprio in quel giorno il quarantesimo anniversario dalla morte di Mishima  Yukio, lo scrittore giapponese. Prima di recarsi nella palazzina del Comando di difesa nazionale (guai a chiamarlo esercito, imposizione dei vincitori del ’45), per compiere il rituale del seppuku, il tradizionale suicidio, con conseguente decapitazione. Gesto esemplare, arringando dal terrazzo i soldati accorsi nel cortile ‘nella fervida speranza che possiate risorgere come uomini e come guerrieri’. Gesto tragico e inutile, resosi imperfetto dal suo discepolo Morita che ben due volte lo ferisce con la katana senza riuscire a spillarne il capo. Strazio della carne nell’età del nichilismo che, ammoniva il Nietzsche dello Zarathustra, ‘Dio è morto’ ed esangue s’è fatto il sacro.

Lasciando per l’ultima volta la sua abitazione, atteso in macchina da quattro giovani del Tate no kai (Associazione degli scudi), il suo piccolo esercito personale, depone in un vassoio all’ingresso la busta con la conclusione della tetralogia del Mare della fertilità e poche righe d’addio. ‘La vita è troppo breve ed io avrei voluto vivere più a lungo’ (con enfasi forse discutibile, negli anni ’70, si tradusse in un poster con ‘Nella limitatezza dell’umana vita, io scelgo la via dell’eternità’). E, per il suo seppuku, dei versi rituali ‘Le lame delle spade si ascoltano dopo anni di prova. I coraggiosi cavalca-no sulla prima gelata dell’anno’... Nobiltà della sconfitta.

Nel giugno del 1966 aveva pubblicato Eirei no koe (La voce degli spiriti eroici), opera conclusiva di una trilogia ispirata alla fallita rivolta dei giovani ufficiali il 26 febbraio del 1936 che intendevano restaurare il potere assoluto dell’Imperatore. Evento che lo aveva fortemente impressionato (Mishima aveva allora undici anni) e gli consente di riproporre la sua visione spirituale e politica. Non un becero nazionalismo ma il ritorno alla tradizione della terra di Yamato, del Giappone simboleggiato dal fiore di crisantemo e dal nitore della spada. La trama è semplice: lo stesso Mishima con un amico partecipa ad una seduta spiritica. Il medium evoca lo spirito irato degli ufficiali della rivolta del ’36 e, in successione, quello sofferente dei piloti kamikaze. Entrambi rimproverano all’Imperatore aver abbandonato la dimensione divina per divenire un semplice essere umano... Ci si sacrifica per un Dio, non per un uomo.                                           

Lo stesso Mishima, parlando di questa sua opera, la definì il terreno de ‘l’assoluta purezza, l’ardimento, il sacrificio’. Così, nell’anniversario del 25 novembre, realizzai la trasposizione teatrale con i giovani dell’ass. culturale Civiltà Europea. In kimono e strumenti musicali originari ed esibizione di spade. Presente, ospite, l’ambasciatore del Giappone.                                        


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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