Scuola di Pensiero Forte [39]: combattere per ciò in cui si crede

Il grande e nobile ideale che portiamo nel cuore non si realizzerà senza una grande battaglia. Il sacrificio è parte essenziale di tutto ciò che ha valore, e per quest’ultimo intendiamo il senso più alto del termine. Non si possono raggiungere grandi risultati senza un duro lavoro, un costante impegno, una perseverante sacrificio, la vita stessa ce lo insegna continuamente, dalle piccole alle grandi cose.

Quando parliamo di voler ricostruire dalla base tutta la società, così come proponiamo sin dall’inizio di questa Scuola, è sottointeso - ma forse non troppo - che davanti a noi troveremo dei nemici e degli ostacoli che dovranno essere combattuti.

Già ci siamo soffermati su quali siano i nemici più grandi del pensiero forte: il pensiero debole primo fra tutti, nella sua multiforme organicità fatta di ideologie che vogliono la distruzione dell’umanità in tutta la sua estensione; quindi, come visto tempo addietro, liberismo e liberalismo, le ideologie nichiliste e le tecnocrazie di vario stampo.

Non solo nemici nella teoria, ma anche nella vita quotidiana, fra le persone che promuovono, consciamente o inconsciamente, gli orientamenti citati poco fa, le quali molte rappresentano il braccio esecutivo che si arma per il disfacimento del Bene comune.

Ostacoli e nemici non mancheranno mai, a nessuno. Sorge quindi la necessità di riscoprire quello “spirito guerriero” che è proprio dell’essere umano, in quanto essere che tende alla conservazione e alla sussistenza per propria natura. Lungi da noi il proporre una “corsa agli armamenti” o una liberalizzazione della violenza! Ciò di cui parliamo è ben altro.

Nel mondo di oggi, quello della postmodernità tecnoliquida, non combatte più, o perlomeno non più come prime, le sue battaglie con spade e frecce, perché le guerre di oggi si fanno sui mercati finanziari, fra le trincee di internet e nelle piazze dei social media.

Tempi di “pace apparente” ai quali bisogna coniugare lo spirito guerriero; traducendolo negli atti e nei gesti della vita quotidiana, anche quelli che sembrano banali e insignificanti, in modo da abituare lo spirito al disprezzo o almeno all’indifferenza verso quei beni che sono così inutili e così indispensabili agli uomini indifferenziati della massa. Questo consentirà di declinare la vita nei termini della dignità imperiosa, in forza calma e controllata nei gesti e nelle parole: di affrontare i ritmi velocissimi della contemporaneità, ma sempre affrettandosi con lentezza. Così questo spirito sarà pronto in caso venga chiamato a reimpostare il mondo e nel frattempo consente di minare dall’interno le forze che hanno sovvertito la realtà della vita.

Per descrivere cosa sia questo spirito guerriero, riprendiamo le magistrali parole del filosofo Rodolfo Sideri: “È innanzitutto stile, non ha nulla di intellettualistico: è un’estetica che si riempie di contenuti etici; è sì cultura, ma cultura al servizio della vita. È stile di vita caratterizzato da mancanza di vanità, dal virile gusto dell’azione impersonale compiuta non perché conviene, ma perché intrinsecamente importante; non è un atteggiamento ascetico, ma riconoscimento delle giuste gerarchie per cui ciò che è materiale deve essere secondario rispetto allo spirito. È riconoscimento del posto conforme alla propria natura e quindi autovalutazione dei limiti e delle possibilità di sviluppo. In definitiva, è essenzialità; è consentirsi il lusso di avere un carattere. È gusto della durezza verso se stessi; è darsi la misura più difficile per misurarsi. È amare lo sforzo che è necessario per sviluppare se stessi e amare questo sforzo tanto più quanto esso è grande.

Prepariamoci adeguatamente per la battaglia, rivestendo l’armatura che ci spetta, per essere pronti a combattere per ciò in cui si crede.


Editoriale

 

Ricostruire l'unità nazionale

di Adriano Tilgher

Siamo alle solite. In Italia siamo troppo occupati ad affrontare temi marginali o impostici da altre nazioni per renderci conto della grave situazione in cui versa la nostra nazione. Purtroppo tutto questo accade perché a nessuno dei cosiddetti politici, né alle istituzioni interessa nulla dell’Italia; basti pensare alla scomparsa in tutte le scuole di ogni ordine e grado della storia, della grande cultura classica ed umanistica, base e fondamento sia del nostro percorso unitario che della nostra profonda identità.

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La Spina nel Fianco

 

L'ethos del cameratismo

1944 il poeta, soldato, (e bisessuale) Robert Graves, (1895 -1985) dà alle stampe il suo romanzo più famoso, "Il vello d'oro”, che parla fra altre cose, della guerra dei sessi nella mitologia Greca (successivamente ereditata dai Romani). Graves dipinge il "litigio" fra Zeus ed Era, più che come una satira sui problemi domestici delle famiglie greche, come un conflitto fra sistemi sociali inconciliabili. Nel descrivere il panteon greco l'autore narra dello scontro fra le divinità femminili dei popoli mediterranei guidate da Madre Gea e gli dei del pantheon maschile, guidati da Zeus arrivati dal nord con gli invasori achei, che si sono fatti largo a spallate nella Grecia arcaica e matriarcale. Ad Olimpia cittadina del Peloponneso occidentale, che ha dato nome alle "Olimpiadi" dove sorgeva il tempio di Gea, più venerato di tutta la Grecia, un paio di millenni prima dell’"era dell’Uomo", pare si sia tenuta una sorta di sacro G20, un super vertice religioso con lo scopo di raggiungere una pacificazione. Da un lato, le diverse manifestazioni della triplice Dea, con i loro riti della fertilità, ed un certo gusto per i sacrifici umani, dall’altro gli dei guerrieri venuti dal nord, che erano usi tenere le donne alla catena, in cielo come in terra. Ma sarà una pace fittizia, la guerra metafisica, non finirà mai, e giunge fino a noi alimentata dal tentativo del nuovo ordine mondiale di uniformare, e quindi annullare ogni diversità di genere.

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