Scuola di Pensiero Forte [37]: ripartire da ciò che conta

Ogni grande progetto porta con sé l’esigenza di un’altrettanto grande riflessione. Questo significa non solo ripartire dallo studio, attento e metodico, della teoria e della prassi necessarie per ricostituire il pensiero forte nella società odierna, ma anche rivalutare scrupolosamente i valori fondamentali del nostro vivere. Ne abbiamo parlato già in parte tempo addietro, quando ci siamo dedicati alla costituzione dei valori e al modo in cui è strutturata una società di persone, ed qui riprendiamo l’argomento focalizzandoci su alcuni aspetti molto concreti, che riguardano la vita di ognuno.

Quando parliamo di “ciò che conta”, se ci viene posta ad esempio la domanda “Cosa conta di più per te nella vita?”, subito rimaniamo spiazzati o comunque interessati da tale questione; trattandosi di una domanda di senso dell’esistenza, praticamente chiunque è costretto a fermarsi a riflettere, tirare le somme, fare due conti e scavare un po’ più a fondo dentro di sé. Ecco, proprio qui noi vogliamo arrivare: a fondo dentro ciascuno di noi.

Nella vita le cose che contano non sono tantissime di numero, ma sono gigantesche per valore. Ognuno ha le sue: contano le persone che amiamo, la famiglia, gli amici più cari, la mia Fede; conta la salute, l’essere capaci di aiutare chi ha bisogno, l’amore che riceviamo e che doniamo, i valori in cui crediamo e che difendiamo; conta custodire i dolci ricordi che ci ricordano chi siamo e da dove veniamo, i nostri sogni nel cassetto, le speranze per il futuro.

Prendiamo tutte queste cose adesso e mettiamole al centro della nostra mente; cominciamo a togliere da attorno ad esse tutto quello che è in più, sia intellettuale che materiale; riduciamo all’essenziale tutto, fino all’estremo limite. Ciò che rimane, di più puro e vitale, quello è ciò che vogliamo. Da lì ripartiamo.

Per dare nuova vita alla società, c’è bisogno di uomini e donne che siano disposte al supremo atto del sacrificio di sé, all’abnegazione del proprio interesse a favore di quello della comunità, alla dimostrazione dei valori della nobiltà d’animo come la fedeltà all’ideale, la prodezza nelle battaglie, la lealtà alle proprie origini, il senso dell’onore per ciò che si sta compiendo, il coraggio di non arrendersi, certi che ogni grande opera richiede grandi sacrifici.

Tutto questo è richiesto per quelle cose che contano e che ci portiamo nel cuore, non per mero interesse personale, non per fantasiose ambizioni, non per esaltazione di sé: per i nostri cari, per i nostri figli, per la nostra comunità, per la nostra Patria.

Diceva G. K. Chesterton, scrittore inglese, “Tutta la differenza fra costruzione e creazione è esattamente questa: una cosa costruita si può amare solo dopo che è stata costruita; ma una cosa creata si ama prima che esista.

Noi vogliamo ricreare il pensiero forte che farà nuovamente grande il nostro mondo. Lo ricreiamo, per questo già lo amiamo e per esso combattiamo.


Editoriale

 

I diritti civili

di Adriano Tilgher

Si fa un gran parlare, in questi tempi, di diritti civili e la mia sensazione è che pochi fra quelli che ne parlano sappiano esattamente cosa siano questi diritti civili, che sul piano della sinistra hanno letteralmente soppiantato i diritti sociali che sono scomparsi dal dibattito politico, nonostante siano totalmente sotto attacco. Guardo raramente e con difficoltà i dibattiti televisivi perché sento solamente banalità per lo più insulse, prive di riscontri reali e soprattutto completamente estranei alla realtà e alla gravità dei problemi che stiamo affrontando come Italiani.

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La Spina nel Fianco

 

Professor Odal

5 marzo 1965, muore al Cairo, Omar Amin, militare, politico, filosofo ed esoterista tedesco naturalizzato egiziano, amico di Renè Guenon e di Savriti Devi. Omar Amin, nasce in Germania a Karbow-Vietlübbe, un piccolo comune del Meclemburgo-Pomerania, il 25 gennaio 1902, con il nome di Johann Jakob von Leers. Studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock, laureandosi in giurisprudenza. Si dedicò soprattutto a studi storici e linguistici, come la slavistica. Divenne un poliglotta, imparò italiano, russo polacco, ungherese arabo e giapponese; scriveva correntemente in latino, ma anche nello yiddish degli ebrei aschenaziti dell'Est Europa. Ernst Jünger (1895-1998) lo definì “un genio linguistico”. Nel mondo intellettuale tedesco von Leers era noto con l'appellativo, "professor", il professore,  anche in virtù della cattedra universitaria presso l'università di Jena.

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